Politica
Figli di coppie omosessuali, il vuoto normativo non è nato ieri: ecco quali sono i nodi
Di Giampiero Cinelli
Quando il Ministero dell’Interno ha imposto al Comune di Milano di non trascrivere più all’Anagrafe i nuovi nati come figli di coppie omosessuali, la notizia ha destato ovviamente molto clamore. Tuttavia, questa può essere considerata non solo alla luce del suo sostrato politico, quanto come estrema conseguenza di un certo status quo, legato a leggi vigenti, a cui si aggiunge di un susseguente vuoto normativo, che non riesce più a rispondere alle situazioni di fatto. Spesso il diritto corre più lento della società e non la rispecchia. E capita allora che se all’estero è possibile per una coppia omosessuale adottare un bambino, questo procedimento in Italia sia ancora ambiguo, anche se non del tutto vietato. Dunque, la politica del Comune di Milano, al di là delle differenti opinioni, aveva caratteristiche del tutto arbitrarie. Cercando di gestire autonomamente quello che le varie linee del diritto ancora non hanno chiarito.
Il quadro generale
Il nostro Paese non prevede ufficialmente l’adozione di un figlio da parte di una coppia omosessuale, ma questo poi di fatto è stato concesso dalla Cassazione, grazie a un’interpretazione estensiva della legge Cirinnà sulle Unioni Civili (2016) e della legge 184 del 1983 sull’affidamento e l’adozione, in base al concetto di “interesse del minore” e “continuità affettiva”, e spesso con specifico riferimento ai cosiddetti “casi particolari” esposti dalla legge del 1983. Oggi, però, questi sono oggi insufficienti rispetto alle varie fattispecie e troppo attaccati al dato biologico.
Maternità surrogata
Al contrario, la possibilità di veder riconosciuto a una coppia gay un figlio nato da maternità surrogata (in riferimento alla gestazione per altri) in Italia è proibita. Come pure agli etero. Va detto anche che i governi più favorevoli a una legislazione innovativa su questi temi, negli anni scorsi non hanno fatto granché.
La sentenza 33/2021
I comuni dunque, a oggi non possono trascrivere negli elenchi anagrafici entrambi i genitori omosessuali che abbiano fatto ricorso all’ovulo di una donna esterna alla coppia. Questo il caso di un bambino nato nel 2015 in Canada da una donna nella quale era stato impiantato un embrione, formato con i gameti di una donatrice anonima e di un uomo di cittadinanza italiana, unito in matrimonio con altro uomo. Anch’egli di cittadinanza italiana. La Corte, pur ribadendo la non ammissibilità della maternità surrogata, specificata dalla legge 40 del 2004, nelle sue motivazioni aveva considerato, facendo appello al legislatore, la possibilità appunto di facilitare il percorso di adozione.
Altri problemi
Incagli giuridici si verificano anche in altri tipi di storie. Come quella della sentenza della Corte Costituzionale 32/2021, che esaminava la richiesta di una donna ad essere considerata genitore di due gemelle, concepite dalla sua compagna con fecondazione assistita. La madre biologica, che nel frattempo aveva rotto il legame affettivo, non dava il consenso. In assenza del consenso, la Corte non ha potuto che decretare l’impercorribilità della richiesta, anche se le due donne avevano convissuto per quasi cinque anni e fossero consensuali al tempo sul processo di procreazione assistita.
L’orizzonte
Serve dunque una legislazione ad hoc che tolga tutti i dubbi, giacché la nostra magistratura ha già più volte espresso che non esistono evidenze scientifiche ad attestare la non idoneità di genitori omosessuali, né è provato che una genitorialità efficace sia solo quella derivante da persone di sesso differente. Se questa assenza di norme esaustive esiste, tuttavia, non è solo per le ultime scelte del governo. Il tema dell’omogenitorialità, infatti, doveva essere affrontato da tempo, visto che nonostante l’Unione Europea abbia orientamenti diversi da quelli di Giorgia Meloni, le leggi che regolano il diritto di famiglia restano ancorate all’ambito nazionale ed è complesso dimostrare il loro contrasto con una fonte superiore.