Politica

Europee, rebus Commissione. Le divisioni politiche ora contano

12
Giugno 2024
Di Giampiero Cinelli

L’estate sarà tutt’altro che sfuggente per la classe politica europea, ancora scossa da elezioni non banali. A prima vista la composizione della maggioranza al parlamento dovrebbe essere di facile lettura, con l’accoppiata Ppe-Pse già pronta a collaborare e capace di racimolare dagli altri gruppi i pochi numeri restanti che servono per formare un’alleanza (ci vogliono almeno 361 seggi). Questo appunto sulla carta, perché nella realtà siamo davanti a un’enigma.

L’enigma stavolta è tutto legato alle anime delle varie forze. Se i democratici cristiani e i socialdemocratici europei possono stare assieme, non è affatto scontato che riuscirebbero a trovare convergenze con le frange più conservatrici e alternative come quelle, adesso molto più rappresentative, di Ecr (Conservatori e Riformisti, c’è Fratelli D’Italia) e di Id (Identità e democrazia, con Lega e Le Pen). Altra compagine che può fare da ago della bilancia sono i liberali di Renew Europe (a cui tra l’altro si lega il partito di Macron), ma se un blocco tra Renew e Ppe-Pse è possibile, non sembra plausibile una sponda di Renew a una maggioranza in cui vi siano pure le destre radicali.

Muovendoci dalla lente europea e ponendo la lente sui risultati nelle singole nazioni, capiamo che il terremoto europeo è anzitutto un terremoto nei suoi Stati guida, ovvero Francia e Germania, dove avanzano i partiti più marcatamente di destra. Ecco soprattutto perché a Strasburgo sarà impossibile ragionare solo in termini di percentuali, ma si dovrà tenere conto dell’umore politico nel Vecchio Continente. Si afferma la destra – qui vincendo – anche nel terzo più importante Paese dell’Unione, l’Italia. Stavolta, visti gli equilibri e il clima, l’Italia non ci starà a recitare un ruolo secondario. Se von der Leyen vuole formare la maggioranza, dovrà tenere bene in considerazione gli interessi di Roma, per via Meloni, che punta ad avere un vicepresidente della Commissione, o un Commissario con delega all’industria (specie quella della difesa), o alla transizione digitale oppure alla competitività (per gestire i fondi dei prossimi investimenti europei). Tra i nomi italiani che girano, quelli di Roberto Cingolani per l’industria e di Vittorio Colao per la transizione digitale.

Si ha l’impressione che stavolta i desiderata italiani non possano essere lasciati inascoltati, anche perché da Parigi potrebbe arrivare apertura, come già alcune voci suggerivano. Macron infatti dovrebbe essere più propenso a sancire un’intesa con Fratelli D’Italia che con il partito di Marine Le Pen, apparentemente filo-russo. Figuriamoci con la tedesca Afd, i cui deputati sono usciti dal Parlamento berlinese durante il discorso di Zelensky. Inoltre, il capo dell’Eliseo probabilmente sarebbe utile alla causa italiana qualora il futuro presidente della Commissione europea dovesse invece essere Mario Draghi, da sempre pronosticato, anche solo come responsabile della materia economica, ma a quanto pare indisponibile.

In questi giorni i leader europei si incontrano per sondare la fattibilità di eventuali maggioranze. La von der Leyen potrebbe incassare il voltafaccia dei deputati sloveni e si attende di capire cosa faranno gli eletti tra i Repubblicani francesi. Intanto Id mira a cooptare buona parte dei deputati non iscritti in un nessun gruppo, ampliando la quota dei loro 58 delegati. Ursula von der Leyen ha detto che si può creare una coalizione anche con le destre estreme, purché assicurino atlantismo, europeismo e osservanza dello Stato di diritto. Va da sé che a queste condizioni Fratelli D’Italia sia l’opzione numero uno per un’alleanza, anche se Ursula ha sottolineato di voler partire nelle trattative dalla maggioranza della scorsa legislatura, includendo a questo punto Renew Europe.

A maggior ragione che i gruppi di destra non hanno affatto voglia di lanciarsi in un progetto con a capo la presidente uscente, e se ciò non è escluso, è solo per questioni meramente numeriche. Ma secondo indiscrezioni, Meloni e Le Pen si sono già sentite telefonicamente per capire in che modo tirare acqua al loro mulino.

Gli scenari a questo punto sono quelli di una maggioranza fatta prevalentemente di Popolari e Socialisti, ma con Presidente o Vicepresidente di Ecr o Id; altra ipotesi appunto un asse con Ppe e Pse che accettano nella maggioranza anche Ecr e Id. Tuttavia va messa in conto anche l’idea che le destre restino all’opposizione, facendo prevedere però un contrasto talmente insidioso da incidere poi di fatto su tutte le decisioni importanti. Giorgia Meloni intanto ha capito che la partita adesso si può giocare e sta a lei impostarla bene. Elemento imprescindibile della sua squadra dovrà essere però la “qualità tecnica” dei giocatori, perché a Bruxelles hanno già fatto capire che l’Italia può avere palla solo se propone personalità affermate e dal curriculum indiscutibile. I politici hanno meno chance.