Le elezioni di settembre ancora non permettono di guardare la scacchiera nella sua trasparenza, ma forse stavolta, un pochino a sorpresa rispetto allo scompaginamento del 2013, assistiamo a un quadro in cui lo scontro è tra sinistra e destra. Nominalmente e non solo. Ma bisogna capire quale destra, quale sinistra, su quali temi strutturali, e soprattutto chi va con chi.
Lo scacchiere
Lo schieramento conservatore dovrebbe essere il più leggibile. Con una coalizione che vede Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia ed eventuali formazioni minori. A sinistra invece il punto centrale è la possibile ampiezza del campo. Se resterà largo o sarà più ristretto. Il campo Largo, ad oggi il più fantasioso, prevedrebbe l’alleanza delle sinistre e dei centristi (compreso Di Maio) più il Movimento Cinque Stelle. Quindi Pd, M5S, Insieme per il Futuro, Italia Viva, +Europa/Azione, LeU, Verdi/Sinistra Italiana. Un secondo scenario è quello che comprende un centrosinistra più ridotto, fatto da Pd, Italia Viva, LeU, Azione/+Europa Verdi/Sinistra Italiana e Insieme per il Futuro, con il M5S che resta fuori. Il terzo disegno, il più quotato a nostro avviso assieme al secondo, contempla la presenza di un centrodestra, di un centro sinistra e di un centro, dove il centrosinistra è composto da Pd, Insieme per il Futuro, Italia Viva, LeU e Verdi/Sinistra mentre al centro ci sono +Europa/Azione, Insieme per il Futuro (cioè Di Maio), Italia Viva e Italia al Centro di Toti. Con il M5S a fare da outsider senza alleanze.
Una chiave per capire gli schieramenti
Per capire gli schieramenti e fare una previsione, stavolta è meno utile considerare la geografia – destra o sinistra – ma come un partito si colloca a livello internazionale. Spieghiamo meglio: si crede che l’Agenda Draghi, e quindi gli impegni verso l’Europa, vadano rispettati per filo e per segno? E allora ci si coagulerà attorno a Letta, Di Maio, Renzi e Calenda. Si ritengono le pressioni europee comprensibili ma non vincolanti, poiché rischiano di compromettere la giustizia sociale? Quindi ci si porrà a sinistra del Pd. Ad ogni modo, il centro, da solo o unito con il centrosinistra, sembra determinato sul programma del Pnrr. Matteo Renzi ha già dichiarato di voler riportare Draghi a Palazzo Chigi. Il piano simbolico del centrosinistra è quello di un’Italia tradita, dell’Europa tradita dalle destre e dai Cinque Stelle, del condottiero Mario Draghi… tradito.
Appare chiaro quindi che Giuseppe Conte non può sposare questa linea apertamente, sebbene non la escluda, perché il suo Movimento in crisi non può identificarsi come il “partito del vincolo esterno“, atto sostanzialmente ad eseguire le indicazioni che arrivano dall’estero, che quasi sempre non permettono di portare avanti pienamente le proprie proposte. Il centrodestra, dal canto suo, non è mai stata una piattaforma ribelle da questo punto di vista, ma neppure esplicitamente acquiescente. Diverso invece se il candidato Premier sarà Antonio Tajani. Questo lo sa bene Giorgia Meloni, che col vento in poppa, ma in tal caso più debole, sarebbe disposta a staccarsi dalla coalizione in nome dell’autonomia del Paese e della necessità di sintonia con gli Italiani. Il centrodestra infatti imposterà la campagna sul “Vincere e vinceremo” perché noi interpretiamo l’animo della popolazione e perché gli altri sono soltanto succubi di Draghi. Ad ogni modo, con questa legge elettorale, ovvero il Rosatellum, e stante la riforma costituzionale del Parlamento, il centrodestra unito dovesse vincere le elezioni, avrebbe una maggioranza solida. La situazione è certamente di grande interesse e non lascia spazio a facili pronostici. Questa estate esclude il rischio di annoiarsi.