Politica
Elezioni regionali: stravince la destra, straperdono Terzo Polo e 5 Stelle, Pd unica opposizione
Di Simone Zivillica
Due dati su tutti, di queste elezioni regionali, segnano un punto della storia politica di Lazio e Lombardia, ma probabilmente anche oltre i confini di queste due regioni, tra le più importanti d’Italia per popolosità e produttività. Il primo riguarda l’astensionismo: alle elezioni regionali in Lazio e Lombardia, i cui seggi si sono chiusi alle 15:00 di lunedì 13 febbraio 2023. Nel primo, l’affluenza si è fermata qualche decimale oltre il 37% – nel 2018 era stato del 66%. Anche nella seconda, l’affluenza subito un decremento rispetto alle passate elezioni regionali del 30%, attestandosi poco sopra il 41%. Sul proprio profilo Facebook, Giorgia Meloni festeggia anzitempo, ma pienamente certa degli ottimi risultati della sua coalizione, e soprattutto del suo partito: “Complimenti a Francesco Rocca e Attilio Fontana per la netta vittoria di queste elezioni regionali, sicura che entrambi daranno il massimo per onorare il voto e il mandato ricevuto dai cittadini di Lazio e Lombardia. Un importante e significativo risultato che consolida la compattezza del centrodestra e rafforza il lavoro del Governo”.
L’altro titolo da dare d’ufficio a questa tornata elettorale è che il centrodestra conquista la maggioranza assoluta dei seggi in consiglio regionale sia nel Lazio che in Lombardia. Questo significa che gli schieramenti di centrosinistra non sarebbero stati in grado di battere gli avversari di centrodestra nemmeno se si fossero presentati sempre uniti. Nel Lazio, questo avrebbe potuto significare l’unione dell’universo centrosinistra con i 5 Stelle, in un’operazione di nostalgia fantapolitica che ci avrebbe riportato ai tempi del governo giallo-rosso. Tuttavia, l’11% dei pentastellati – risultato di molto sotto le aspettative di tutti, pentastellati in primis, ancor di più se messo in relazione con il 37% dell’affluenza totale – non avrebbe comunque avuto chances di intaccare il quasi 55% di Francesco Rocca (appoggiato da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia) anche se sommato al 32% di Alessio D’Amato (appoggiato da tutta la galassia di centrosinistra, dal PD al Terzo Polo, da +Europa all’alleanza Verdi e Sinistra). Stessa storia in Lombardia: qui i 5 Stelle, in appoggio al candidato di centrosinistra Majorino, si fermano sotto al 5%, mentre la proposta del Terzo Polo con Letizia Moratti ha convinto solo il 10% circa degli elettori.
Facendo pochi conti si vede come sia in Lombardia che nel Lazio lo scarto tra un ipotetico campo largo a sinistra (che comunque non è esistito nei fatti) si attesta a circa 10 punti percentuali di distanza dal centrodestra unito, questo sì, sia in teoria che in pratica. Ha prontamente analizzato la sconfitta, sul suo profilo Twitter, il leader del Terzo Polo Carlo Calenda: “la scelta degli elettori è stata chiara e inequivocabile: vince la destra ovunque. Il centro e la sinistra non sono mai stati in partita, neanche uniti, neanche nell’ipotetico formato del campo largo. Letizia Moratti è stata coraggiosa e si è spesa moltissimo, ma fuori dal bacino di voti del Terzo Polo non siamo riusciti ad attrarre consensi. […] Per quanto riguarda la nostra lista i risultati sono stati particolarmente penalizzati dal meccanismo bipolare delle elezioni regionali e della minor presenza del voto di opinione. La costruzione di un partito unico del centro riformista, liberale e popolare diventa ancora più urgente”.
Il PD ha perso, di nuovo e nettamente. Tuttavia, a livello strategico, e anche se in modo autoreferenziale, i democratici possono considerare questi risultati in un’ottica lievemente ottimistica. Una volta chiusa la pratica della scelta di chi guiderà il partito di qui in avanti, infatti, il PD rimane l’unico partito a sinistra a contribuire sostanzialmente ai risultati elettorali, e queste elezioni regionali evidenziano un sempre più profondo isolamento – e ridimensionamento – dei 5 Stelle da una parte e una sempre più caratterizzazione del Terzo Polo al centro – con una conseguente crescita mancata, che i suoi leader invece si aspettavano. Nel medio-lungo periodo, quindi, la sconfitta annunciata potrebbe non bruciare più del dovuto, e forse non l’ha mai fatto, probabilmente proprio perché annunciata e perché la concentrazione era tutta all’interno (leggasi congresso e primarie).
Questa lettura è in qualche modo confermata dallo stesso leader (ex) Enrico Letta a mezzo social: “Il dato che esce dalle urne in Lombardia e Lazio è chiaro. Il centro destra vince in entrambe le regioni; non possiamo, quindi, essere contenti di questo risultato complessivo, reso ancora più negativo dalla preoccupante crescita dell’astensione. Tuttavia, in un quadro politico per noi particolarmente complicato e con il vento chiaramente contro, il Pd ottiene un risultato più che significativo, dimostra il suo sforzo coalizionale e respinge la sfida di M5S e Terzo Polo. Il tentativo ripetuto di sostituirci come forza principale dell’opposizione non è riuscito. L’OPA contro il Pd ha fatto male a chi l’ha tentata. Ci auguriamo che questo risultato dimostri finalmente a M5S e Terzo Polo che l’opposizione va fatta al governo e non al Pd”.
Lettura con cui, evidentemente, concorda il candidato sconfitto nel Lazio D’Amato, che accetta la sconfitta e guarda avanti: “Poco fa ho chiamato Francesco Rocca per complimentarmi con lui e per dire che la nostra opposizione sarà netta. Ringrazio gli elettori. L’altra volta il risultato di Zingaretti fu del 32,9, questa volta stiamo più alti, ma l’altra volta bastò a vincere e questa volta no. Il dato generale è quello di un’onda lunga delle politiche. I dati di Lombardia e Lazio si somigliano molto. I veri sconfitti sono i Cinque Stelle, credo che Conte dovrà riflettere sulle scelte compiute. L’errore è stato di Giuseppe Conte: presero il 27 per cento alle scorse elezioni regionali, in queste potrebbero andare anche sotto al dieci”. Sempre D’Amato, però, accusa velatamente il PD di non aver garantito il giusto appoggio ai candidati, che hanno subito le “procedure complesse del congresso”.
L’altro sconfitto, invece, è più netto nel giudizio negativo al partito nazionale e dice che il PD dovrebbe essere un caso studio, visto che fa il congresso durante due importanti elezioni regionali. Oltre a questo, Majorino accetta la sconfitta e si dimette da europarlamentare per concentrarsi sull’opposizione in regione: “Grazie davvero a tutte le elettrici ed elettori che ci hanno sostenuto e che hanno creduto in noi nella nostra scommessa politica. Il risultato è netto, inequivocabile, siamo di fronte a un’altra vittoria della destra in Lombardia”. Anche Majorino punta il dito agli avversari in casa: “Mi pare che gli elettori abbiano dato un giudizio spietato alla proposta di Letizia Moratti che mi risulta in questo momento non riuscire nemmeno a entrare in Consiglio regionale. Quindi credo che gli elettori hanno spiegato come quella dell’accordo con Letizia Moratti fosse davvero l’ultima ipotesi possibile” – sposando, di fatto, anche lui la lettura della sconfitta di Enrico Letta.
Un ultimo dato politico che esce da queste elezioni regionali è quello interno al centrodestra. Qualche commentatore, sibillinamente ma molto intelligentemente, aveva consigliato a Giorgia Meloni e ai suoi Fratelli d’Italia, di non vincere in Lombardia rispetto alla Lega, o quantomeno di non stravincere. Questo per non far saltare i già delicati equilibri interni. Il risultato, però, è andato solo in parte in questa direzione, con Fratelli d’Italia che ha comunque superato la Lega di Salvini sia nel Lazio che in Lombardia, anche se non replicando il dato nazionale, e con Salvini che si attesta in Lombardia oltre il 15%. Inoltre, il leader del carroccio mantiene la firma sul nome del governatore uscente e riconfermato Attilio Fontana. I due, infatti, escono in comunicazione con un video di ringraziamento ai propri elettori, e con propri s’intendono quelli leghisti, probabilmente proprio per rimarcare la propria egida sulla regione Lombardia. Il centrodestra, quindi, oltre alla vittorie a livello regionale, si consolida anche a livello nazionale in ottica di compattamento della maggioranza in appoggio all’azione di governo.