Molto rumore per nulla. Con questa citazione shakespeariana si potrebbe sintetizzare l’esito delle elezioni in Abruzzo. La sconfitta del centrodestra aveva aperto il dibattito su una presunta crisi di consenso del governo; sulla genialità del “campo largo”; sulla cronica supposta inadeguatezza della classe dirigente del centro destra. E invece i risultati abruzzesi hanno confermato Marco Marsilio come Presidente e ribadito la forza della coalizione guidata da Giorgia Meloni, peraltro rassicurando, nelle percentuali, i suoi alleati, Matteo Salvini e Antonio Tajani. Insomma, la vittoria della Todde in Sardegna è stata soprattutto la sconfitta di Truzzu e non certo una vittoria dei partiti e della coalizione del campo largo, visto che, peraltro, nell’isola la coalizione di centrosinistra ha preso circa il 6% in meno di quella di centro destra.
Eppure al governo Meloni a un certo punto è venuto quello che in gergo tennistico si chiama “braccino”, ovvero la paura di vincere (o perdere), insomma è entrato nel panico. E invece, almeno in Abruzzo, gli elettori hanno premiato il governo e punito soprattutto i 5S, scesi a un allarmante 7%. Insomma, il centrodestra unito ha dimostrato di essere ancora maggioritario, sicuramente in Abruzzo (e Sardegna, se si guarda alle liste), mentre il progetto del campo largo deve esser ancora digerito dagli elettori. Si tratta di un viatico interessante, soprattutto giornalisticamente, perché così il centro destra ributta la palla nel campo avversario, forte della sua composizione. E qui si apre un altro tema politico di interesse, lo spostamento al centro della coalizione di governo. I risultati di Forza Italia in Sardegna e, soprattutto, alle elezioni in Abruzzo, danno nuova linfa al partito guidato da Tajani, mentre la Lega arretra in Sardegna e, sostanzialmente, tiene in Abruzzo, ma diventa terza forza della coalizione, dietro a FDI e, appunto, a FI. Questo risultato di FI, 13,4%, è particolarmente interessante in vista della prossima tornata elettorale in Basilicata, dove l’uscente, che sarà ricandidato, è in quota Forza Italia. Un ulteriore spunto nella competizione interna del centro destra, già esaltata dal carattere proporzionale del sistema elettorale per le Europee.
E la Basilicata sarà il prossimo banco di prova anche per il campo largo (o larghissimo, cioè anche con Renzi e Calenda). Cinque anni fa se ci fosse stato il campo larghissimo il centro sinistra avrebbe stravinto, oggi i leader politici sono chiamati a trovare una quadra non semplicissima, anche alla luce del risultato sardo, oltre a dover trovare un nome per il candidato unitario. Mancano 40 giorni alle elezioni in Basilicata, in cui probabilmente assisteremo a elucubrazioni, ipotesi, idee su formule politiche e ipotetici avvisi di sfratto da Palazzo Chigi. Altro giro altra corsa.