Sta per cominciare un fine settimana di passione per i partiti italiani, chiamati a ultimare la definizione delle liste da presentare alle elezioni politiche del prossimo 4 marzo. La legge prevede infatti che ciò avvenga tra il 35° e il 34° giorno antecedente la tornata elettorale, ovvero tra il 28 e il 29 gennaio.
L’unico a giocare d’anticipo è stato il Movimento 5 Stelle, che si è affidato alla consultazione online tramite la piattaforma Rousseau. Nonostante costituisca un meccanismo nominalmente trasparente, la selezione dei candidati Cinquestelle non è passata soltanto per la votazione sul blog di Grillo – che ha dato agli iscritti la possibilità di indicare i loro candidati – ma anche per il placet del capo politico del Movimento. Luigi Di Maio e il suo staff hanno infatti passato a setaccio oltre diecimila candidature, decidendo di fatto chi potesse partecipare e chi no alle elezioni, con diversi esclusi ad annunciare ricorsi in tribunale. Nonostante i sondaggi elettorali continuino a indicare proprio nel M5S il primo partito alle prossime elezioni, tra gli esperti ci si interroga su quanti voti potrebbe costare in concreto al Movimento il passo indietro di Grillo, che di recente ha lasciato allo stesso Di Maio e a Casaleggio jr. la conduzione della campagna elettorale. Significativo, inoltre, il fatto che a questa non partecipi neppure il membro dell’ex Direttorio pentastellato più vicino al comico genovese, cioè Alessandro Di Battista.
La novità delle ultime ore è però la risalita nei sondaggi del Pd. Il partito che ha espresso gli ultimi tre presidenti del Consiglio sembra essersi rimesso in moto dopo le difficoltà degli ultimi mesi. I Dem sono tornati a quota 24% e vengono da almeno un paio di settimane di forte crescita (dati SWG – Termometro Politico), anche se per Renzi la vera incognita sarà la consistenza della propria coalizione elettorale. Il contributo di Civica Popolare (Lorenzin), +Europa (Bonino) e Insieme (Verdi e Socialisti) non è ancora abbastanza per colmare il ritardo dal centrodestra – attestato al 36,7% contro il 28,1% del centrosinistra – mentre il Pd potrebbe dover fare conti con una vera e propria emorragia di seggi: dagli attuali 380 a circa 220. È un dato che da solo basta a spiegare tutte le tensioni che in questa fase convulsa agitano segreteria Pd, minoranze ed esclusi dalle liste.
A destra infine prosegue il gioco delle parti tra Berlusconi e Salvini. I leader dei due partiti, allo stesso tempo alleati e avversari, hanno dedicato le ultime settimane ad arringare il proprio elettorato di riferimento con messaggi completamente diversi. La recente flessione registrata nei consensi è forse la spia del modo in cui l’assenza di una strategia di comunicazione omogenea rischi di disorientare l’elettorato di centrodestra ora che la coalizione aveva messo nel mirino il 40% dei consensi. La conflittualità intestina è un problema anche per Liberi e Uguali di Grasso, compagine vittima di un trend negativo che potrebbe minarne seriamente le possibilità di exploit alle urne.
Alberto De Sanctis