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DL Caivano, quando si preferisce curare piuttosto che prevenire
Di Alessandro Cozza
Prevenire è meglio che curare. Quante volte abbiamo sentito questa frase? Tante, troppe. Tanto che alla fine qualcuno avrà pensato che forse alla fine prevenire non serve e allora meglio curare, anzi punire. E allora, sull’onda dell’emotività dopo i drammatici fatti di Caivano, il Governo vara il Decreto Legge “Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile”, o in breve Dl Caivano.
Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, di ritorno dal suo viaggio in Campania ha le idee chiare: «Lo Stato deve metterci la faccia». E così è stato. Governo a lavoro e Dl presentato in pompa magna con mezza squadra di ministri presenti. Ha cominciato il Guardasigilli, Carlo Nordio: «Abbiamo cercato di coniugare la necessità della repressione della delinquenza minorile con quella di consentire ai minori che hanno commesso dei crimini di poter trovare un percorso rieducativo e non solo punitivo. Inoltre, Non si è intervenuto sull’imputabilità del minore e non è stata abbassata l’età da 14 a 12 anni», ha detto il ministro della Giustizia. La parola è poi passata al ministro dell’Interno: «Il daspo urbano può essere applicato anche ai minorenni ultraquattordicenni. Lo stesso vale per il daspo per i reati da stupefacenti. Vengono poi rafforzate le misure di allontanamento dagli esercizi pubblici, anche a chi è denunciato e non solo condannato. C’è l’inasprimento delle pene – ha annunciato Matteo Piantedosi – per il porto d’armi bianca e per lo spaccio di lieve entità». Infine, la ministra per la famiglia Eugenia Roccella, che ha spiegato così la decisione di non procedere con la stretta sul porno: «Implementiamo il parental control, che già esiste da molto tempo e non viene usato. Vogliamo che diventi automatico, che sia offerto in tutti i device».
I ministri hanno toccato tutti temi che nei giorni scorsi hanno infiammato il dibattito pubblico e non solo. Anche all’interno della maggioranza la temperatura è salita vertiginosamente quando la Lega ha chiesto e insistito per abbassare l’età dell’imputabilità ai 12 anni trovando la contrarietà del resto della compagine di Governo ma riuscendo ad ottenere l’introduzione di una nuova tipologia di ammonimento del Questore per i minori di età compresa tra i 12 e i 14 anni che commettono delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni. Approvato il Dl Caivano, ora che la palla passa alle due camere del Parlamento bisognerà capire se il partito di Matteo Salvini ci proverà ancora o abbandonerà l’idea.
Altro tema spinoso è quello relativo alle disposizioni in materia di prevenzione della violenza giovanile per il quale si modifica la disciplina della misura di prevenzione personale dell’ ”avviso orale”, un ammonimento. In particolare, si prevede che il Questore possa proporre all’Autorità giudiziaria di vietare, a determinati soggetti di età superiore ai 14 anni, di possedere o utilizzare telefoni cellulari e altri dispositivi per le comunicazioni dati e voce quando il loro uso è servito per la realizzazione o la divulgazione delle condotte che hanno determinato il reato. Sul come sarà possibile controllare questo aspetto e a chi sarà affidato questo compito, questo è ancora tutto da vedere e capire, con il rischio che tutto questo si traduca più in extra costi per le aziende che dovranno adeguarsi per monitorare il rispetto della norma che non effettivamente l’osservanza della norma stessa.
Questo è quanto dice il testo del Dl Caivano. Questo è quanto entrerà in vigore da quando il decreto sarà pubblicato in gazzetta, al netto di quelle che potranno essere le modifiche che potrebbe apportare il Parlamento. Poi c’è il paese reale. Quello in cui le cose non si risolvono con una retata o con qualche proclamo. E neanche con la ritorsione, probabilmente. Certo, da qualche parte si deve pur iniziare. Il punto è che forse si sarebbe dovuto iniziare nell’investire in scuole, insegnanti, assistenti sociali, educatori, attività culturali e sportive ma anche nel portare l’educazione sessuale nelle scuole e soprattutto sostenere le famiglie sia dal punto di vista dell’assistenza, sia nell’occupazione lavorativa. Questo avrebbe significato cercare di prevenire. Il Governo ha scelto di curare.