Politica

Di Stefano in audizione: “Verità su Regeni non verrà sopraffatta dai rapporti con l’Egitto”

22
Gennaio 2021
Di Flavia Iannilli

Il progresso della tutela dei diritti umani dipende molto dallo stato di salute dei rapporti internazionali. Questo è quanto emerso dall’audizione nella Commissione di competenza del Senato, in cui è stato ascoltato il Sottosegretario agli esteri, Manlio di Stefano. Durante l’incontro è stato discusso il quadro normativo e approfondite questioni specifiche.

Il controllo delle importazioni e esportazioni e transito di materiale d’armamento è regolato dalla legge n.185 del 9 luglio 1990. La norma stabilisce che i trasferimenti devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia e regolamentati dallo Stato. La UAMA (Unità per le Autorizzazioni dei Materiali di Armamento) è l’autorità nazionale competente, interna al Ministero degli Esteri, prevista dall’art 1 comma 6 lettera D (legge n.185) che vieta le esportazioni “verso i Paesi i cui Governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia dei diritti umani”.

La UAMA garantisce l’applicazione della normativa italiana che è integrata da quella europea ed internazionale. Perciò Di Stefano ha spiegato che la posizione comune dell’UE indica dei criteri che gli Stati membri devono rispettare in considerazione in primis del rispetto degli obblighi internazionali, in secundis del rispetto dei diritti umani nel Paese di destinazione. Ad esempio la licenza può essere rifiutata se il materiale viene usato per repressioni interne.

Gli organi competenti accertano le violazioni, poi da queste informazioni può derivare un richiamo all’attenta vigilanza e una “valutazione caso per caso” a seconda della natura della tecnologia o del materiale da esportare. Questo è lo stesso approccio dell’Arms Trade Treaty a cui sono soggetti, tra i più noti: Somalia, Yemen, Corea del Nord, RussiaBielorussia e altri.

La valutazione del rischio, che attiene alla Farnesina, prevede l’aggiornamento quadrimestrale della lista dei Paesi destinatari del materiale (lista di 84 Paesi). Ognuno di questi ha una sua scheda relativa che registra l’evolversi del quadro interno e la metamorfosi geopolitica. Le informazioni trattate vengono dal Ministero degli Affari Esteri, ma anche da partner internazionali e intelligence. In base agli elementi forniti la UAMA tiene conto anche del comportamento dei partner dell’Ue con i quali si condividono i dati sulle autorizzazioni date e quelle respinte. Non meno importante è la considerazione fatta sulla “diversione del materiale”. Ossia è importante che i materiali non vengano usati per scopi diversi da quelli dichiarati; considerazione che viene fatta soprattutto per le armi di piccolo calibro.

Ma quando l’export viene di fatto bloccato? Questa la domanda posta dalla Senatrice Naturale (M5S). Di Stefano spiega: “Prima serve la trattativa, poi si passa all’esportazione, l’ispezione impiegata permette che l’azienda venga inserita nella lista delle aziende esportatrici e deve avere dei requisiti che sono sottoposti alla sorveglianza italiana”.

Il rischio per la tutela dei diritti umani è stato sottolineato dalla Senatrice Binetti (FIBP-UDC) che crede difficile trovare un punto di equilibrio con le opportunità economiche e definisce i diritti in questione un “orizzonte etico”. Binetti si chiede: “Noi da che parte stiamo?”. Di Stefano concorda: “Ha sollevato il tema più difficile ossia quello del bilanciamento tra diritti economici e diritti umani. La difficoltà vera sta nel fatto che laddove ci siamo sentiti sollevati da una responsabilità su questo, la risposta è stata un deterioramento dei diritti. E’ per questo che  per evitare che il tema diventi appannaggio della visione politica di un governo o di un altro, che ci si sbilanci sull’economia invece che sui diritti dobbiamo seguire il faro degli organismi internazionali, in modo da avere continuità. I diritti umani non possono essere un tema di riflesso della visione politica del governo.” La Senatrice Montevecchi (M5S) teme che la “legislazione non poggi su solidi valori” affinchè i diritti umani non abbiano base solo sui trattati internazionali e su questo il Sottosegretario interviene: “Molti di questi Paesi non hanno firmato questi accordi; proprio per questo crediamo che il rapporto vada mantenuto, l’interruzione del dialogo non porta a miglioramenti”.

Gli esempi tirati in ballo da Di Stefano sono tre e il primo riguarda Emirati Arabi e Arabia Saudita, Stati membri della coalizione attiva nell’ambito del conflitto yemenita. Entrambi i Paesi sono soggetti a “valutazione caso per caso”, per questo motivo nel 2019 il governo si è impegnato a sospendere l’esportazione di armi come missili e bombe in questi Paesi finché il conflitto non sarà concluso. Ad oggi si sta valutando la sospensione anche di altri materiali. Nelle valutazioni degli Affari Esteri, per questi Stati, Di Stefano specifica che “vengono rilevate numerose criticità come la libertà di espressione degli oppositori politici” ma anche i passi avanti come quelli “nei confronti del dialogo inter-religioso e della promozione dei diritti delle donne e dei bambini”. Motivo per il quale l’Italia si avvale di ogni opportunità per incoraggiare questi miglioramenti e, insieme agli altri Paesi membri Ue, ha aderito ad una dichiarazione congiunta di preoccupazione in termini di diritti umani per la situazione interna dell’Arabia Saudita. Sono stati avviati dialoghi informali per raccomandare una moratoria sulle esecuzioni capitali, combattere le violenze contro le donne ed i matrimoni precoci, proteggere i diritti dei bambini, garantire libertà di espressione. Punti che il Paese ha accettato in toto, tranne il punto sulla condizione sulla pena di morte, su cui “noi – dice il Sottosegretario – continueremo a batterci”.

Un tema che richiama l’attenzione della Senatrice Bonino (+Europa) che nella promozione della tutela dei diritti umani suggerisce la focalizzazione “su un aspetto singolo tipo la pena di morte, bisogna accelerare su un tema che ha già una certificazione internazionale e se non ce l’ha ce la dovrebbe avere, anche perché questo è un processo su cui gli strumenti di monitoraggio sono molto deboli e fragili”. Perciò Di Stefano ha invitato la Commissione Esteri del Senato a supervisionare un progetto di riforma presentato dai Senatori Ferrara e Petrocelli attualmente arenato al Senato. “Portiamolo avanti poiché prevede una maggiore responsabilità politica”.

Esempio diverso è quello della Turchia, che intervenuta in Siria, dopo la discussione dell’Unione Europea, ha ricevuto la sospensione di ogni tipo di fornitura di armamenti da parte dell’Italia. Un provvedimento che è stato rivisto nel 2020 per l’appartenenza della Turchia alla Nato. Quindi l’export è ripreso ma solo sulla concessione di nuove licenze relative agli armamenti non letali. La definizione di un’arma “non letale” non suona bene alla Senatrice Cirinnà (PD) perché “tutto può essere letale, come si schiera rispetto a questo tema?” e Di Stefano precisa che è importante fare una distinzione per dare l’autorizzazione“. Ad esempio i radar sono considerati non letali. Fino a dove possiamo spingerci? Il limite è sancito dal livello di analisi che facciamo, non ci spingiamo mai oltre”.

Infine arriva l’ultimo esempio, quello relativo all’Egitto, sul quale serve “massima attenzione e vigilanza”. E’ vero che l’Italia interloquisce con questo Paese su terrorismo, flussi migratori e molti altri temi, ma la verità su Giulio Regeni “non verrà sopraffatta dai nostri rapporti con l’Egitto”. La questione è delicata e con molte situazioni in sospeso e questo Stato non figura tra quelli sanzionati, ma le violazioni in atto all’interno del Paese sono costantemente menzionate dall’Unione Europea e per questo l’Ue stessa ha richiesto il rilascio di prigionieri ingiustificati come Zaki proprio su proposta italiana. A causa della delicatezza, la situazione attira l’attenzione delle senatrici Cirinnà e Bonino che si chiedono l’una se i casi vengano seguiti da vicino e l’altra se anche i prigionieri sconosciuti abbiano una degna tutela da parte dell’Italia. Di Stefano rassicura: “Sì, il caso Zaki viene seguito dalla nostra Ambasciata ed è una pratica che abbiamo sempre in considerazione. Lo stesso vale per tutti gli altri italiani meno noti. Il caso Regeni è da portare in Europa. E’ quello che ha chiesto il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio”.

Il mantenimento di relazioni economiche, ha chiosato Di Stefano, “non ci impedisce di dire a questi Paesi che i diritti umani vadano rispettati. I diritti umani sono nel Dna del nostro Paese”.

Photo Credits: Agenzia Dire

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