In questi giorni in cui gli impegni si allentano, mi fermo a pensare a quali siano le grandi questioni che vive oggi l’umanità.
Ne trovo alcune di più rilevante gravità: le profonde diseguaglianze sociali ed economiche, il dominio del capitalismo finanziario, le contraddizioni e le resistenze alla riduzione delle emissioni di CO2, il mancato governo dei flussi migratori, la sottovalutazione dell’impatto dell’intelligenza artificiale sulla vita e sui diritti delle persone.
E mentre cerco di esaminarle una ad una, subentra una domanda cruciale: chi può affrontare e risolvere queste questioni che superano i confini nazionali e che hanno una portata globale?
È il nodo irrisolto da decenni, da quando la globalizzazione della economia e degli scambi non è stata accompagnata da una forte e autorevole globalizzazione della politica e delle istituzioni.
Gli Stati nazione non sono in grado di rispondere a questioni che valicano i loro confini, e a ciò da una parte si risponde accentuando la spinta nazionalistica e invocando il blocco della globalizzazione, dall’altra si balbetta un desiderio e una aspirazione ad una governance globale senza procedere a crearne gli strumenti attuativi.
L’Unione Europea da questo punto di vista costituisce un esempio importante di governo sovranazionale ma manca ad oggi un progetto politico condiviso per traghettarla verso una autentica soggettualità politica.
E le Nazioni Unite, altro player globale, soffrono per una precisa volontà dei propri membri, di un disarmante nanismo politico.
A questa contraddizione del nostro tempo, tra sfide globali e poteri nazionali, che è la causa vera della crisi delle democrazie liberali, dedica il suo ultimo libro Jan Zielonka “Democrazia miope“.
Si tratta di una riflessione molto argomentata che si conclude con una suggestione che dovrebbe interessare colori che vogliono rilanciare la politica e la democrazia come risposta alle sfide del mondo.
L’idea è di realizzare una partnership istituzionale tra enti pubblici, soggetti organizzati, soggetti privati, rappresentanze del terzo settore a livello nazionale europeo e globale.
In buona sostanza una sorta di Cnel con poteri decisionali, una trasformazione del comitato economico e sociale europeo e del comitato delle regioni in seconda camera legislativa del Parlamento Europeo.
Io non dico che tali proposte o altre contenute nel libro siano tutte condivisibili o realizzabili, ma non ho dubbi sul fatto che il grande tema che Zielonka affronta è il tema della stanchezza delle nostre democrazie e dovrebbe campeggiare nel dibattito politico, ad un anno, peraltro, dalle elezioni europee.