Politica
Dall’Eur a Piazza del Popolo, la generazione Atreju, da sergenti a generali
Di Alessandro Caruso
Sembra passata un’era da quanto Giorgia Meloni con felpa e cappuccio coordinava la festa dei giovani di Alleanza nazionale. Certo, sul terreno non c’era la comoda moquette azzurra che ieri si stendeva ai piedi dell’elegante padiglione di Piazza del Popolo, che ospitava la festa dei 10 anni di Fratelli d’Italia, ma il terriccio e la fanghiglia di un’area periferica nei pressi dell’Eur, dove si svolgevano le prime edizioni di Atreju. Eppure la forma non condizionava la sostanza, quel gruppo di ragazzi ai contenuti dava molta importanza e se ne ebbe un’autorevole testimonianza quando in quel contesto fu ospitato l’allora leader di Rifordazione comunista Fausto Bertinotti per un confronto (effettivamente bellissimo, ndr) con il presidente di An Gianfranco Fini. Il clima stava già cambiando, via della Scrofa era già entrata nelle geografie di governo, ma Giorgia e i ragazzi di Azione giovani rimanevano una generazione che doveva, nonostante tutto, guadagnare i suoi spazi. E questi spazi, adesso, li hanno conquistati. Molti di quei ragazzi, un tempo “sergenti” delle correnti divise e competitive di An, adesso sono diventati “generali”. Ma hanno ritrovato quell’unità che appoggia le basi in una consapevolezza di un lungo percorso che li ha portati, insieme, alla vetta. E quell’unità danno l’impressione di volerla proteggere a tutti i costi.
A Piazza del Popolo ieri c’erano tutti. Il clima è completamente diverso da quei vecchi tempi, s’intende, e il lessico è completamente cambiato. L'”underdog” adesso non deve più usare il palcoscenico per lanciare segnali ai vertici del partito per chiedere più ascolto e più spazi, per l’appunto, come una volta. Adesso lancia segnali ai leader europei, difende la legge di binalcio in dirittura di arrivo e vissuta da protagonista (e in tempi record), tende una mano agli alleati della sua maggioranza, striglia i sindacati e, addirittura, la governance di Confindustria per difendere le sue politiche economiche e del lavoro.
E a schermarla dalla pressione dei fotografi ieri c’era il presidente del Senato, quell’Ignazio La Russa che in quel famoso Atreju dell’Eur Giorgia Meloni applaudiva dalla prima fila. Il cerchio si è chiuso. E di strada questi ragazzi ne hanno percorsa molta. Hanno incontrato, accolto e incluso nuovi compagni di viaggio, provenienti da esperienze diverse, hanno avvicinato nuovi ambienti e hanno imparato a parlare nuove lingue. Adesso il tempo della minoranza è terminato, nuove sfide, molto complesse, li aspettano. E Giorgia Meloni lo sa, ma, in fondo, quell’indole militante non l’ha abbandonata: “Oggi mi si dice che Fdi è cambiata – ha tuonato ieri dal palco – che Meloni ha cambiato idee. Non c’è una cosa che stiamo facendo che non sia quello che esattamente volevamo fare. Noi non siamo diversi da quello che eravamo, siamo diversi ma da quello che altri raccontavano di noi. Siamo contenti di quanto stiamo facendo e siamo consapevoli della responsabilità”.
Quell’aria da “Anche se tutti, noi no”, quello spirito innato di ribellione e opposizione, adesso è finito nella memoria e nel mirino ci sono obiettivi di grande ambizione. Uno su tutti, e lo ha sintetizzato proprio ieri la premier: “Abbiamo stravolto i pronostici sulla durata di FdI, confido che stravolgeremo anche i pronostici sulla durata del governo”. A dimostrazione che le ortiche sono state gettate, ora si insegue il potere.