Politica
Dal Piano al Metodo Mattei: l’Italia cerca partner internazionali
Di Paolo Bozzacchi
Non è una questione di risorse economiche limitate. Piuttosto è diventata un vero e proprio stress test per un metodo. Il livello di ambizione del Piano Mattei dell’Italia per l’Africa presuppone un impegno internazionale. Altrimenti corre il rischio di liquefarsi. Quando manca un mese alla Conferenza con gli Stati africani per il suo lancio ufficiale, ha iniziato il suo iter parlamentare (dopo l’ok del Senato il Dl Mattei è ora atteso alla Camera), e si sta strutturando sulla base di quello che avevamo anticipato qui. “La diplomazia della crescita è la chiave di volta della nostra azione”, ha ricordato il Ministro degli Esteri, Antonio Tajani. E il Metodo Mattei non puo’ fare eccezione a questa regola.
Il nodo delle risorse
“L’Italia non ha soldi sufficienti per lanciare un Piano a largo spettro”, ha ammonito Elisabetta Belloni, direttrice del Dis. “Penso che rimoduleremo su un modello di cooperazione diversa, aperta ai contributi di tutti. E l’intelligence è pronta a fare la sua parte”. Poi aggiunge: “L’Italia non può mettere solo il suo chip, ci vogliono anche i soldi della UE, dei Paesi del Golfo e degli Stati Uniti”. L’asticella dell’ambizione si alza, e fa il paio in Africa con la sempre più serrata concorrenza di Cina e Russia. Anche di questo si è discusso durante uno dei tavoli tematici alla XVI Conferenza degli Ambasciatori, proprio alla ricerca di soluzioni operative.
Il punto di vista di Eni
“Se vogliamo fare un buon piano dobbiamo partire dai loro bisogni reali e non dai nostri profitti, viceversa si fallisce”. È il monito di Claudio Descalzi, ad di Eni, presente in 15 Paesi africani.
Priorità, segnali (e incarichi)
“Il Nord Africa è la zona più importante, perché sono i nostri vicini, ma ci sono anche Paesi dove c’è una storica presenza italiana e una tradizione di investimenti, come il Kenya o la Nigeria”, spiega il Ministro degli Esteri Antonio Tajani. “In questi giorni sul progetto del governo stanno confluendo a Palazzo Chigi i contributi di tutti gli attori coinvolti, privati e pubblici, dai ministeri alla Cassa depositi e prestiti”, ha spiegato Belloni. E da Cassa Depositi e Prestiti è arrivato l’annuncio che nei prossimi mesi aprirà uffici in Egitto e in Marocco, e poi in Senegal e in Kenya. Lo stesso Kenya che dovrebbe a gennaio occupare l’agenda di viaggio di Giorgia Meloni. Segnali non trascurabili. A capo della struttura di missione formalmente presieduta dalla Premier, dovrebbe arrivare il suo nuovo consigliere diplomatico, Fabrizio Saggio.
Le iniziative già in corso
“Stiamo creando la struttura di governance”, precisa il Ministro degli Esteri, Antonio Tajani. “Ma nel frattempo molte iniziative del governo italiano già vanno in quella direzione. Abbiamo aumentato le 500 borse di studio a studenti africani con l’Università di Perugia per fornire alle imprese italiane degli studenti africani laureati in Italia. Da mesi siamo impegnati con l’Egitto e lo facciamo con la Tunisia sul fronte della sicurezza alimentare. In Egitto Coldiretti, Bonifiche Ferraresi e altri player dell’agroindustria stanno lavorando per dare un contributo alla sicurezza alimentare locale. Così come la prima fabbrica Fiat in Algeria inaugurata pochi giorni fa: una struttura che porterà lavoro in un Paese amico. Non si tratta di avviare iniziative future, ma anche di mettere a sistema quelle che ci sono già”.
Gli incentivi per le imprese italiane che investono in Africa
“Abbiamo Simest, Sace e Ice che già sostengono le nostre aziende e abbiamo aumentato il Fondo 394 a sostegno di chi esporta. Vediamo cosa chiedono imprese e Paesi africani, ci sono agevolazioni previste dai governi locali e dobbiamo cogliere tutte le opportunità. Il nodo centrale è il lavoro che si farà con i Paesi africani per mettere a punto un metodo condiviso con cui coordinare le varie iniziative. Il Piano Mattei è soprattutto un metodo”.