News / Politica
Consiglio europeo, Meloni: incontro «in chiaroscuro»
Di Giampiero Cinelli
«Ho detto in Parlamento e ripeto: l’unica cosa che non posso fare è dare il mio ok a un Patto che non io, ma nessun governo italiano potrebbe rispettare. Perché sarebbe ingiusto e non sarebbe utile per noi. Noi non chiediamo una modifica del Patto per gettare soldi dalla finestra, chiediamo una modifica che ci consenta di fare quello che riteniamo giusto fare e che l’Europa si è data come strategia, parlo degli investimenti, senza essere per questo colpiti. Perché sarebbe una strategia miope: ma non per l’Italia, per l’Europa». Con queste parole Giorgia Meloni fa capire chiaramente alla stampa, a margine del Consiglio europeo, che la quadra per la riforma del Patto di stabilità è ancora lontana
L’intoppo
Soprattutto, che il punto su cui l’Italia batteva non è stato preso in considerazione, ovvero l’esonero della spesa per investimenti dal calcolo del deficit. Senza quella misura, ritiene il governo (ma anche all’epoca degli esecutivi tecnici il tema era stato posto) non ci sarebbero le condizioni per approvare una riforma che apporterebbe benefici non abbastanza rilevanti rispetto agli oneri, quelli del rientro dal debito e delle procedure di infrazione.
Mes e Patto dossier disgiunti?
«Posizioni distanti», dice la premier, spiegando la difficoltà di conciliare le esigenze di Roma con quelle di Berlino, trovando però più comprensione da Emmanuel Macron, siccome anche la Francia è ormai convinta che con l’austerità non si vada da nessuna parte. Meloni poi ribadisce ai media che sul Mes non sta agendo un ricatto, cioè che non sta chiedendo di rispettare le sue condizioni sul Patto di Stabilità pena la non approvazione di un altro nuovo meccanismo, che lei dice di considerare disgiunto. E in effetti disgiunti sono i due testi, ma in altre occasioni ai media italiani proprio lei aveva parlato di visione organica.
Ucraina e Moldavia, l’Ue sfida Putin
Sugli altri dossier, dall’ultima due giorni di Consiglio ne esce un Europa impantanata anche sulla politica estera, siccome il presidente dell’Ungheria Viktor Orban ha bloccato 50 miliardi di aiuti a Kiev, previsti nell’aggiornamento del bilancio, dato che Budapest vede ora bloccati per sé 21 miliardi a causa della violazione dei diritti umani. Tuttavia lo stesso tavolo è riuscito a varare l’apertura dei negoziati per l’ingresso nell’Unione di Ucraina e Moldavia, a riprova comunque del fatto che in alcuni casi i parametri per entrare possono divenire secondari, quando l’adesione di un Paese ha una valenza strategica. Così infatti Ucraina e Moldavia sarebbero più lontane dall’influenza russa. Ma a allora bisogna considerare che ciò può innescare comportamenti ancora più ostili da parte di Mosca, alla luce della speranza di trattative per Kiev e delle palesi mire territoriali che Putin ha in Moldavia, ne è prova l’interesse al consolidamento della sua posizione in Transnistria.
Acquisti comuni di armi
Novità comunque intravedono su aspetti gestionali in ambito di difesa. Nella bozza delle conclusioni del Consiglio dedicata alla sicurezza e alla difesa, si parla di un quadro normativo con l’obiettivo di coordinare gli acquisti congiunti e aumentare l’interoperabilità e la capacità produttiva dell’industria bellica europea. La decisione serve a standardizzare e a velocizzare gli acquisti soprattutto quando indirizzati agli aiuti militari.