Politica

Congresso CGIL, da “Bella Ciao” ad applausi per Meloni

17
Marzo 2023
Di Alessandro Cozza

E dopo il giovedì dei leader di opposizione, venne il venerdì della Presidente del consiglio. Oggi, nel giorno della Festa dell’unità Nazionale, la presenza di Giorgia Meloni al congresso della CGIL colma un vuoto che vede da 27 anni l’assenza del capo del governo alla convention. Un intervento attesissimo, fortemente voluto dal Segretario Generale Maurizio Landini che, in qualche modo, ha sfidato le polemiche della base del sindacato, molto divisa sull’opportunità di ospitare la Presidente del Consiglio, soprattutto dopo i fatti di Cutro e la contestatissima riforma fiscale che non ha visto il coinvolgimento dei sindacati.

La mattinata di Rimini ne ha viste di tutti i colori. Prima dell’arrivo di Meloni, i contrari alla sua partecipazione hanno organizzato presidi davanti all’entrata del Palacongressi, con manifesti e peluche per richiamare la mancata visita della Premier alle vittime del naufragio davanti alle coste della Calabria. Poi il momento in cui la platea accoglie la Premier intonando “Bella Ciao”, il canto della Resistenza partigiana. Infine, l’applauso, l’unico di tutto il suo intervento quando ricorda l’assalto alla sede romana del sindacato da parte di Forza Nuova. «Ringrazio tutta la CGIL, anche chi mi contesta, alcuni manifesti mi hanno fatto ridere, come quello che diceva ‘Pensati sgradita’. È comunque un appuntamento al quale non ho voluto rinunciare, in segno di rispetto per il sindacato che è la più antica organizzazione del lavoro del nostro paese. Il governo intende portare avanti un approccio di ascolto, e questo congresso è un esercizio di democrazia che non può lasciare indifferente chi ha responsabilità di governo e di decisione come me», ha esordito la Premier dal palco.

La presidente del Consiglio ha voluto quindi illustrare la situazione dalla quale parte il suo lavoro al governo, rispetto ai problemi fondamentali legati al lavoro e alle diseguaglianze sociali: «L’Italia fa registrare un tasso di occupazione storicamente basso e decisamente al di sotto della media europea. Nel 2021, secondo Eurostat, è stato pari al 58,2%, oltre 10 punti in meno rispetto alla media europea, e con gap che, di anno in anno, continua ad aumentare. La situazione peggiora ulteriormente, considerando l’occupazione femminile che nel 2021 non ha raggiunto il 50%, quindi 14 punti sotto la media europea. I salari dei lavoratori italiani sono praticamente bloccati da oltre 30 anni. La cosa scioccante è che l’Italia è l’unico paese dell’Unione europea che ha salari più bassi rispetto al 1990, mentre in altri paesi, come la Germania e la Francia, c’è stato un incremento anche del 30%. Significa che c’è un’emergenza, ma anche che le ricette utilizzate finora non hanno funzionato. Bisogna immaginare una strada nuova, che non è mai stata intrapresa finora, ed è quella di puntare tutto sulla crescita economica».

Giorgia Meloni ribadisce più volte, durante il suo intervento, la contrarietà forte sua e del suo governo al salario minimo e spiega chiaramente il perché: «credo che l’introduzione del salario minimo legale non sia la strada più efficace, perché temo il rischio che diventi, non una tutela aggiuntiva rispetto a quelle garantite dalla contrattazione collettiva, ma una sostitutiva, e questo finirebbe per fare un altro favore alle grandi concentrazioni economiche, che hanno come obiettivo quello di rivedere a ribasso i diritti dei lavoratori». Infine, tra le principali rivendicazioni del programma di legislatura del suo governo, la leader di fdi, dimostrando di non voler arretrare di un millimetro rispetto a quelle che lei ritiene le battaglie identitarie del suo governo, ha voluto ribadire la sua intenzione di abolire il reddito di cittadinanza per coloro che sono in grado di lavorare, rispedendo al mittente le accuse arrivate dallo stesso Landini di una sua presunta avversione verso i poveri: «Non siamo contro i poveri, semplicemente non vogliamo mantenerli nella loro condizione di povertà, come purtroppo ha fatto il reddito di cittadinanza. Vogliamo offrire loro la possibilità di uscire da quella condizione, e l’unico modo è il lavoro».

Proprio su questi temi, 24 ore prima della Premier, erano intervenuti i segretari dei partiti di opposizione. Tra loro tanti punti in comune, ma anche qualche punto di disaccordo come per esempio quello del salario minimo. «C’è una battaglia su cui tutte le opposizioni hanno fatto delle proposte di legge o mozioni e su cui spero e auspico che si possa trovare una direzione unitaria: io sono disponibile da subito a ragionare di come cambiare la nostra proposta che dice che serve una legge sulla rappresentanza che spazzi via i contratti pirata che alimentano la precarietà e, accanto al rafforzamento della contrattazione collettiva, bisogna fissare una soglia sotto la quale il lavoro non si può chiamare tale, e si chiama salario minimo», la posizione della neo Segretaria Dem Elly Schlein.

«Le nostre tre proposte sul salario minimo divergono. Quando Giuseppe Conte dice che il salario minimo non tocca i contratti nazionali non è vero, perché la sua proposta li tocca. Schlein dice che non tocca i contratti nazionali ma c’è un piccolo problema, in Italia sono tutti formalmente coperti dai contratti nazionali. Il problema è che quel pezzo di contratto nazionale è un contratto nazionale pirata. Se la proposta di Schlein è fare il salario minimo che però non si applica a chi lavora in un contratto nazionale, non si applica a nessuno. Quindi vanno applicati ai contratti nazionali? Sì, ma bisogna fare un lavoro coi sindacati: prima di applicarlo il salario minimo, bisogna riadeguare la contrattazione», le osservazioni del leader di Azione, Carlo Calenda.

Non si può ancora parlare di alleanza o coalizione. Ma l’apertura al dialogo tra i partiti di centrosinistra c’è. Con la ‘benedizione’ della Cgil, che ospita sullo stesso palco Elly Schlein, Giuseppe Conte, Carlo Calenda e Nicola Fratoianni che partecipano a una tavola rotonda con il segretario del sindacato Maurizio Landini, moderata dalla giornalista Lucia Annunziata. È di quest’ultima l’idea di istituire un confronto permanente che prosegua anche dopo la kermesse sindacale e “vi propongo di chiamarlo il cooordinamento dell’anti-Papetee”, suggerisce la giornalista. I riflettori della kermesse sulla costiera romagnola si spegneranno, quelli del cantiere nel quale si sta costruendo la coalizione di centro sinistra del domani forse si sono appena accesi. Intanto, nel frattempo, il governo di Giorgia Meloni va dritto per la sua strada.