Politica
Balneari, secondo il Consiglio di Stato le gare sono da indire subito
Di Giuliana Mastri
Il Consiglio di Stato, attraverso un pronunciamento su una controversia a Rapallo, ha stabilito che la proroga delle concessioni balneari fino al 31 dicembre 2024 è illegittima e nessuna deroga al termine fissato per il 2023 va applicata. Significa, in sostanza, che il governo dovrebbe tornare indietro e rimettere a gara le spiagge d’Italia. Secondo il Consiglio di Stato la ragione è anche quella della scarsità della risorsa, mentre l’esecutivo sostiene l’abbondanza degli arenili nella penisola e quindi sarebbe intenzionato ad aprire nuove gare senza annullare le concessioni attualmente in essere.
Il caso è legato alla Direttiva Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi, che da anni viene in parte disapplicata dai governi italiani specialmente in merito ai titoli demaniali. Recepita dall’Italia nel 2010 è stata attuata la prima volta riguardo agli arenili nel 2021, con la legge sulla Concorrenza del governo Draghi, la quale imponeva di riassegnare le concessioni tramite bandi pubblici entro la fine del 2023. La tempistica fu però allungata per decisione dei partiti di centrodestra.
Il risultato è che nelle regioni si sta agendo in ordine sparso, siccome si percepisce l’indecisione delle istituzioni centrali e il cattivo rapporto del governo con la Bolkestein. Segno della situazione una vicenda di Jesolo che ha visto la riassegnazione di tre stabilimenti a una neo-società, la Cbc Srl, guidata dal proprietario dell’azienda di calzature Geox Mario Moretti Polegato, e che conferma il contrasto legislativo venutosi a creare tra Stato e territori.
Ma per quale motivo c’è tanto fermento sulla messa a gara degli stabilimenti? La questione non è meramente economica ma profondamente politica, in quanto i nuovi bandi permettono a grandi aziende, anche straniere, di contendere i demani balneari, che però in Italia sono tradizionalmente gestiti da realtà per la maggior parte piccole, spesso a gestione familiare, per mano di persone che molte volte hanno dagli stabilimenti la loro unica fonte di reddito. Rivedere gli oneri nei confronti degli enti locali per i gestori e anche rifare le gare dopo anni di proroghe è corretto, ma stravolgere la vita di gente che da anni fa questo lavoro è in effetti una scelta che una parte della politica non si sente di adottare.