Politica
Come si muove il consenso in vista delle elezioni di giugno
Di Ilaria Donatio
L’analisi del sondaggio realizzato da Ipsos per il Corriere della Sera a cura di Nando Pagnoncelli disegna piuttosto nitidamente la mappa del consenso degli italiani, in questo inizio d’anno, a pochi mesi dal triplice appuntamento elettorale: europee, regionali (in Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Piemonte e Umbria) ed amministrative (si voterà in ben 3697 Comuni).
E le risposte alle 1000 interviste realizzate tra il 16 e il 18 gennaio dalla società di ricerche di mercato e sondaggi politici consegna un andamento dei partiti sostanzialmente stabile, con un rafforzamento della compagine di governo e un consolidamento del principale partito di opposizione, il Pd.
Migliora il giudizio su governo e premier che risultano essere, dunque, in risalita rispetto ai livelli registrati prima di Natale: due punti percentuali in più, da 44 a 46%, per i partiti di maggioranza mentre la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni totalizza un 47%, recuperando tre punti rispetto a metà dicembre.
In particolare, Fratelli d’Italia è al 29% e perde uno 0,3% rispetto alla precedente rilevazione, mentre la Lega cresce di uno 0,7% all’8,7%. Forza Italia è stabile al 7%.
La coalizione di governo insieme arriva al 45,8% delle intenzioni di voto, in crescita di uno 0,7%: resta profondo il vantaggio sul centrosinistra nello scacchiere che si è presentato alle elezioni politiche del 25 settembre 2022.
Percentuali che indicano come i fatti di cronaca – dalla “pistola fumante” di Emanuele Pozzolo alle commemorazioni di Acca Larenzia fino alla difficile situazione dell’Ilva – e le vicende politiche – con le tensioni tra gli alleati in vista delle Regionali e il caso Verdini fino alle perplessità espresse da Mattarella sulla proroga delle concessioni ad ambulanti e balneari – incidano pochissimo sulla percezione degli elettori. Che, anzi, migliorano il loro giudizio su alleanza di governo e premier. E solleva un tema importante che riguarda direttamente lo scollamento tra dibattito mediatico e orientamento degli elettori.
Perché, se è vero che al governo hanno provocato certamente imbarazzo sia l’episodio dello sparo che ha visto coinvolto il deputato di FdI che i fatti di Acca Larenzia – entrambi, a lungo, sulle prime pagine dei quotidiani da capodanno in poi – risulta essere altrettanto corretta l’osservazione secondo la quale la percezione di chi vota – in questa fase storica – può dirsi consolidata a favore del centrodestra e in particolare della sua leader. E a quanto pare risulta impermeabile agli alti e bassi della politica raccontati dalle cronache quotidiane.
Guardando al centrosinistra, cresce anche l’opposizione, seppur in misura diversa: l’asse di Partito democratico, Verdi-Sinistra e +Europa si attesta al 26%, in aumento dello 0,6%. Il Partito Democratico arriva al 19,7%, invece il Movimento 5 Stelle perde un punto percentuale e si trova al 16,2%, confermando il consueto rapporto inverso, secondo cui alla crescita dell’uno corrisponde al Azione è al 3,3% (stabile) mentre Italia Viva perde mezzo punto ed è al 3%.
Per quanto riguarda il gradimento dei leader, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si conferma in pole totalizzando un 47%: tre punti in più rispetto a metà dicembre, dovuti – secondo il sondaggista – principalmente all’apprezzamento degli italiani per la sua capacità comunicativa e all’immediatezza durante la conferenza stampa di fine anno.
Tra gli altri leader politici, tra maggioranza e opposizione, al primo posto rimane Antonio Tajani, con un indice di 32, stabilissimo negli ultimi mesi. Giuseppe Conte è anche lui stabile al 30, Salvini al 26, Lupi e Fratoianni al 21, gli altri sotto il 20.
La leader dell’opposizione Elly Schlein – negli ultimi tempi più presente e dunque ripresa dalla stampa rispetto al passato – ha un indice di gradimento di 24. E sebbene il monito di Romano Prodi – padre nobile ed ex premier – ma anche i sondaggi dell’elettorato Dem, siano concordi nello scoraggiare la segreteria Pd a condidarsi “dove sa che non andrà” con uno “svilimento della democrazia”, si profila – al contrario – la centralità della leadership individuale come ineluttabile. L’ipotesi, dunque, è quella di una campagna elettorale per le europee giocata sullo scontro tra le due leader donne, di governo e di opposizione, e potrebbe convenire a entrambe, argomenta più di qualche analista.
Tanto che la vera sfida – come sostiene Pagnoncelli – sarà per i partiti, quella di condurre la campagna elettorale concentrandosi sulla “capacità di motivare i propri elettori” e non tanto di conquistarne altri. Perché si parte sempre da un dato certo: la partecipazione alle ultime europee, quelle del 2019, che è stata del 56,1%. Purtroppo non ci sono elementi per pronosticare un’affluenza maggiore, il prossimo giugno, e dunque pensare di motivare la (larga) fetta di elettori incerti invece di parlare al proprio elettorato, potrebbe essere una strategia perdente.