La legge ci dice che, in Italia, la campagna elettorale inizia con l’indizione dei comizi elettorali, in genere 45 giorni prima della data del voto. La consuetudine, invece, ci dice che le elezioni importanti, quelle che hanno un rilievo nazionale, iniziano quando partono i primi avvisi di garanzia (oppure gli arresti) contro esponenti politici di rilievo. Consuetudine che si ripete da almeno 30 anni, elemento inaggirabile per qualsiasi governo nazionale o locale, di centrodestra o centrosinistra e finanche tecnico.
Così è accaduto nei giorni scorsi (a circa 30 giorni dal voto) in Liguria, andando a colpire il mondo politico, imprenditoriale e manageriale.
Basandoci solamente sulle fonti pubbliche, ovvero il comunicato stampa della Procura di Genova e le gocce di atti riservati o depositati pubblicati dai giornali, apprendiamo che vi è una totale disparità di motivazioni tra le persone coinvolte.
Per alcuni, si parla in maniera estremamente circostanziata di pagamenti in contante, regali e soggiorni gratuiti presso prestigiose località; per altri, si fa riferimento a dei contributi economici all’attività politica, canalizzati attraverso comitato elettorale.
Inoltre, il personaggio più importante coinvolto nella vicenda, Governatore della Regione, viene privato della propria libertà personale e della propria capacità lavorativa, sulla base di fatti risalenti a 3-4 anni fa e su una richiesta di arresto depositata dalla Procura circa 5 mesi fa. Cioè, la richiesta è stata depositata il 27 dicembre, ma, forse complici le vacanze di Natale prima, di Pasqua poi e la serie di ponti tra aprile e maggio, siamo arrivati al’8 maggio. Ricordiamo che si vota il 9 e 10 giugno.
Il che fa sorgere spontanea una serie di domande con le risposte incorporate:
– reiterazione del reato? In 4 anni avrebbe potuto replicarlo all’infinito.
– pericolo di fuga? Il Governatore è in carica e pareva anche intenzionato a ricandidarsi l’anno prossimo
– inquinamento delle prove? Vale quanto scritto sopra e comunque, essendo l’inchiesta basata prevalentemente su intercettazioni, appare difficile cancellare il passato, a meno che non ci si trovi dentro Ritorno al Futuro.
Premesso quindi che tutti sono sempre innocenti fino a sentenza definitiva di colpevolezza, e che saranno i Magistrati giudicanti a stabilire le eventuali responsabilità penali degli indagati, ne conseguono alcune domande:
1) Era proprio necessario arrestare la persona più in vista della politica ligure, nonché una delle più note in Italia, sulla base di fatti ed elementi d’indagine così risalenti nel tempo? Non sarebbe bastato un avviso di garanzia?
2) Considerate le disparità a carico degli indagati e che la responsabilità penale è sempre personale, non sarebbe stato più corretto separare le inchieste rispetto a più precisi elementi di colpevolezza?
3) Era davvero necessario farlo ora, piuttosto che a dicembre o gennaio, quando il PM aveva richiesto gli arresti? Proprio ora che siamo ad un mese dal voto e ai blocchi di partenza di una Riforma costituzionale della Giustizia che sarà anche oggetto dell’Assemblea nazionale dell’Associazione Nazionale Magistrati?
4) Da ultimo, per tutti noi che leggiamo e ascoltiamo, saremo in grado di distaccarci dal giudizio immediato sulle guasconate dette al telefono dagli indagati e che, è bene esserne sempre coscienti, non costituiscono fonti di prova sufficienti per condannare una persona? Saremo in grado di distinguere il giudizio penale da quello di pancia del momento? Ricordiamoci che non è l’indagato, non è Toti a dover dimostrare la propria innocenza, ma la Procura a dimostrare la colpevolezza del Governatore ligure.
Tra anni avremo forse le risposte a queste domande, nel prossimo mese assisteremo al giudizio della corte mediatica, purtroppo agevolata dalle grida dagli spalti degli spettatori interessati alla vicenda: i politici, di maggioranza e opposizione, che per l’ennesima volta vedranno un’inchiesta come l’occasione per accrescere i consensi o deviare l’attenzione dai propri guai. Oppure assisteremo, magari al termine dei 3 gradi di giudizio, ad assoluzioni. Come toccato A Catiuscia Marini, Presidente della Regione Umbria; o a Vasco Errani, Presidente della Regione Emilia Romagna; o a Mario Oliviero, Presidente della Regione Calabria. Tutti indagati, qualcuno condannato in primo grado, tutti assolti in Cassazione e tutti non hanno continuato il proprio mandato regionale.
In 30 anni è cambiato poco o nulla, confidiamo almeno nella Riforma della Giustizia.