Politica
Caso Sgarbi-Meloni, la lettera di sfida e le dimissioni accolte. Cosa è successo
Di Ilaria Donatio
La lettera indirizzata alla premier Meloni e scritta su carta intestata del ministero della Cultura è battagliera secondo lo stile che tutti ormai hanno imparato a collegare alla personalità dell’(ormai) ex sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi: “Se il governo, per mano di un suo ministro (ripeto: di un suo ministro), ha promosso una indagine sul conflitto di interessi all’interno del governo, è giusto che io chieda all’Antitrust che si estenda l’indagine a tutte le istituzioni, con gli stessi criteri”.
Parole che non lasciano spazio a dubbi: se si indagasse su qualcun altro nel governo – ventila il critico d’arte – è molto probabile che si scoprirebbe moltissima polvere sotto il tappeto. Dunque, fate attenzione.
Intanto, però, Sgarbi chiarisce di non essere “d’accordo con la delibera del Agcm” e annuncia che farà ricorso al Tar, ma ammette l’evidenza: “La delibera è chiara: non posso fare la vita che ho fatto per cinquant’anni, non posso essere me stesso e essere sottosegretario”.
La delibera Antitrust
Una decisione, quella assunta dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, pubblicata sul bollettino settimanale proprio nella mattinata di oggi, che l’ex sottosegretario definisce nella missiva a Meloni «tanto politicamente corretta, quanto giuridicamente scorretta». E il motivo di questa “scorrettezza”, secondo lui, è che «nessun vero giurista comprende per quale ragione tenere una conferenza su Caravaggio, partecipare o presiedere una tavola rotonda su Tintoretto, presentare un libro su Michelangelo, possa costituire una violazione dei limiti di legge».
Dunque, nonostante la sua frase di qualche giorno fa avesse scatenato una bufera nella bufera – «Dimissioni? Le ho solo annunciate: la mia agonia sarà lunga» – alla fine Sgarbi, durante la trasmissione di Rete 4 “Zona Bianca”, ieri ha anticipato la lettera indirizzata a Meloni (in cui la premier viene comunque ringraziata «per il comportamento sempre lineare e rispettoso» tenuto nei suoi confronti) ma, pur ribadendo l’addio, parte al contrattacco.
Un’istruttoria di 60 pagine
Quanto all’Antitrust, la decisione dell’Autorità giunge dopo 4 mesi di lavoro al «dossier Sgarbi»: le 60 pagine di istruttoria contestano a Vittorio Sgarbi, in buona sostanza, di aver “giocato” tanto al tavolo dell’amministrazione pubblica quanto a quello suo, privato. Ed è perciò senza mezze misure: Sgarbi è incompatibile con l’incarico di governo, in quanto viola la legge Frattini sul conflitto d’interessi che, dal 2004, definisce come incompatibili una carica di governo con altre, di natura privata e dietro compenso.
La segnalazione all’Antitrust (e a Palazzo Chigi) parte, lo scorso 25 ottobre, dal ministro Gennaro Sangiuliano, in seguito a una mail anonima che segnalava in modo dettagliato una lunga serie di presunti illeciti di Sgarbi e della compagna Sabrina Colle. A tale proposito, Sgarbi non aveva mancato di puntualizzare che con il titolare del dicastero alla Cultura non si parlano «dal 23 ottobre, quando mi ha dato la delega per andarmi a occupare della Garisenda (una delle cosiddette due torri di Bologna, simbolo della città medievale, detta torre pendente di Bologna, ndr) . D’altra parte non è che potevo sentire una persona che riceve una lettera anonima e la manda all’Antitrust. Le lettere anonime si buttano via».
Il lavoro dell’Antitrust ha prima di tutto appurato la serie d’incarichi ricoperti da Sgarbi: 16 in tutto quelli ufficiali come, per citare i primi tre, assessore al Comune di Viterbo; sindaco di Sutri; prosindaco di Urbino.
Ma non solo l’Antitrust rileva i conflitti d’interesse tra i diversi incarichi ricoperti da Sgarbi, a cavallo tra ruoli pubblici e sue attività private correlate alla sua professione di storico dell’arte, specializzato anche in quotazioni e commercio di dipinti e statue. L’Autorità ha anche da eccepire contro spettacoli teatrali, lectio magistralis, ospitate in tv, «firmacopie». Tutte attività che hanno fruttato a Sgarbi importanti guadagni economici: 300 mila euro quelli accumulati solo nei primi 9 mesi al governo.
“È una vita che parlo di arte. Proibirmelo sarebbe un atto fascista”, ha subito replicato il sottosegretario. E ancora: “Con questo provvedimento, l’Antitrust va contro l’articolo 21 della Costituzione sulla libertà di manifestazione del pensiero”. A partire da questa base, l’Autorità garante è poi passata a “fare le pulci” a tutti i rilievi denunciati nella mail anonima (il cui autore, si è poi scoperto, essere un ex collaboratore della segreteria ministeriale dello Sgarbi), «un pluripregiudicato», lo ha definito il critico d’arte.
Tutte le contestazioni
Al primo punto, l’Autorità contesta al sottosegretario l’attività privata esercitata con il sito www.vittoriosgarbi.it attraverso cui l’ex sottosegretario offre al pubblico scritti e dediche personalizzate, previo pagamento: un’attività poi stoppata, e questa è l’unica attenuante riconosciuta dall’Autorità.
Per tutto il resto, il dossier dell’Antitrust è molto dettagliato: “Ars e Hestia (società gestite da Nino Ippolito, capo segreteria al ministero e da Sabrina Colle, compagna dell’ex sottosegretario ndr) sono risultate provvedere alle necessità economiche del prof. Sgarbi. Ciò è particolarmente evidente per Hestia la quale, come da espressa dichiarazione, provvede alle spese inerenti al domicilio romano di Sgarbi (canone di locazione, consumi, acquisti di alimentari, abbigliamento, ecc.)”.
E poi: “È emerso — si legge ancora nelle 60 pagine dell’Antitrust — che Ars funge da trait d’union tra il critico d’arte e possibili committenti, sottoponendo una sorta di elenco di proposte, con relativa quantificazione dei corrispettivi, all’interno del quale l’organizzatore può scegliere la performance che preferisce (intervento, lectio magistralis, spettacolo teatrale, ecc.), cui possono essere annessi a pagamento alcuni extra (partecipazioni del critico a presentazioni tv, permanenza successiva alla chiusura dell’evento con disponibilità a farsi fotografare dal pubblico)”.
Sgarbi è anche indagato dalla Procura di Macerata per furto e autoriciclaggio di opera d’arte (si tratta de «La cattura di Pietro» del senese Rutilio Manetti: quadro del ‘600 trafugato in Piemonte nel 2013 e riapparso a Lucca nel 2021 come «inedito» di proprietà dello stesso Sgarbi), motivo per cui l’opposizione ha presentato una mozione di sfiducia nei suoi confronti, poi fatta slittare dalla maggioranza alla metà di febbraio. Maggioranza da cui l’ex sottosegretario non ha ricevuto particolare solidarietà.
Dal Giappone, intanto, arriva l’annuncio della premier Giorgia Meloni: «Trovo corretta dopo il pronunciamento dell’Antistrust» la scelta di dimettersi «per cui accolgo le dimissioni».
La lettera di Vittorio Sgarbi a Giorgia Meloni