Politica

Anatomia della crisi di Governo

14
Gennaio 2021
Di Redazione

di Sergio Pizzolante 

 

Renzi ha sfiduciato Conte ma è stato attento a non rompere con Mattarella. Il Presidente della Repubblica ha chiesto di mettere al sicuro il Recovery Fund e lo scostamento di bilancio per le risorse destinate ai “ristori” e Renzi si è impegnato a farlo.  
È un passaggio importante della crisi. Perché tiene aperta una via d’uscita, affidata a Mattarella e rende più stretta la strada per un nuovo governo Conte. La strada, Conte, se la è ristretta da solo quando ha detto che se Renzi avesse aperto la crisi, non ci sarebbe più stato un governo con Renzi. Una scivolata che ha irritato molto anche il Pd. 

Perché Conte non ha alcun titolo a dire una cosa del genere. Non è lì per diritto divino, non lo è in quanto capo di partito, non può, non deve, interferire in una sfera di competenza che è delle Camere e del Presidente della Repubblica. 
Non si può forzare oltre il tollerabile il gioco democratico. Il metodo del Dpcm anche per fare il prossimo governo. Non si può. E non si può alimentare, con Casalino, il chiacchiericcio sulle “poltrone”, perché ad un certo punto, per dimostrare il contrario, si ritirano i ministri. Quel che è successo. 

Conte ha fatto un Governo con la Lega e un Governo contro la Lega, tutti falliti, adesso minaccia di fare un governo con chiunque, ma contro Renzi. Il tutto nell’arco di tre anni circa. Con, nel frattempo, un Paese che ha avuto il maggior numero di morti al mondo, in rapporto alla popolazione, per la pandemia, con il peggior risultato economico. 
 

C’è anche l’istinto di Renzi al protagonismo, egocentrico, la sua voglia di far saltare tutto, per la totale disistima nei confronti di Conte. Inoltre Renzi non ha ben capito che una cosa è guidare un partito del 40 per cento, un’altra è essere il capo di un partito personale. Errore. È chiaro che c’è anche questo. E ciò che ti veniva perdonato prima non succede adesso. Per convinzione, per servilismo, per pavidità, non importa. Se come dice, con perfidia, D’Alema, il più popolare è Conte e il meno popolare è Renzi, il vento dei luoghi comuni soffia contro Renzi e a favore di Conte. Anche quando, sui contenuti, quasi tutti, non possono non ammettere che ha ragione Renzi. Renzi ha la responsabilità di non aver trovato le misure giuste di un nuovo habitat politico. Per lui. E per chi ha creduto in lui come possibile leader di una autentica forza riformista. Questa è la sua debolezza. E il suo errore. Ma per il resto ha ragione. 
 

Nello stesso tempo, però, hanno tutti torto. Perché, questa pasticciata legislatura, che è quella del trionfo dei populismi, dei governi con tutti e senza tutti, dei ministri figli dell’uno vale uno, con la competenza della “cuoca di Stalin”, ha mostrato tutti i suoi limiti. Proprio nel momento più difficile della storia della Repubblica, dopo la guerra. Con 80mila morti sul campo, per colpa del virus, ma, anche, dell'incompetenza. Non è un passaggio qualsiasi. Siamo in un vicolo stretto. Strettissimo. 
 

Siamo, come ha detto Francesco Verderami del Corriere della Sera, di fronte ad un sistema che si sfalda, come durante Tangentopoli. E qualcosa di imprevisto può arrivare. Contro tutti. Come quando, mentre Occhetto e compagnia giocavano al Monopoli, arrivò Berlusconi. Qualcosa di totalmente diverso di quel che c’era prima. Se in meglio o in peggio non so. Ce lo dirà il tempo. E che Dio ce la mandi buona. Intanto bisogna, adesso, avere fiducia, nel presidente Mattarella. In un Governo di tipo istituzionale, che con il piano dei vaccini ci porti fuori dal dramma e con i fondi europei fuori dal precipizio, di cui ha parlato Draghi.

 

 

photo credits: Velvet mag

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