Libertà è partecipazione. Ma pure resistenza. Nel giorno della manifestazione degli agricoltori italiani al Circo Massimo è bene contestualizzare e cercare di capire meglio. La protesta viene da lontano: sono mesi che in tutta l’Unione Europea i produttori agricoli sono insoddisfatti. Ha iniziato la Germania, poi Francia, Spagna, Polonia, Paesi Bassi, Belgio, Lettonia, Romania, Moldavia. Gli agricoltori pesano solamente per il 4% della forza lavoro europea, ma evidentemente sanno farsi sentire molto bene.
“Non possiamo far altro che protestare”
Sono le parole di Sebastien Geens, uno dei 1500 produttori in viaggio da Namur (Belgio) verso Milano. Il Premier belga Alexander De Croo ha definito una “lasagna multistrato” i problemi del settore: volatilità dei prezzi, costi elevati, normative farraginose e concorrenza sleale. Una fotografia perfetta. Ciliegina sulla torta la riforma della PAC (Politica Agricola Comune) da 60 miliardi di euro, che pone al settore parecchi limiti in nome del Green Deal che punta alla neutralità climatica entro il 2050 e ad abbattere del 55% la Co2 entro il 2030. La PAC resta la prima voce di spesa nel bilancio UE 2021-2027: vale il 31% e ammonta a 386,6 miliardi di euro. Altro che peanuts!
Agricoltura vs. Ambiente?
Congelamento dell’obbligo di lasciare a maggese (tenere incolti) parte dei terreni coltivabili per conservare la natura, annullamento parziale del ritorno al libero accesso alle importazioni agricole dall’Ucraina che provocavano un effetto dumping sui prezzi e sono quasi raddoppiate nel solo 2022. Ma soprattutto marcia indietro della presidente von der Leyen sullo stralcio della proposta di dimezzare l’utilizzo dei pesticidi in nome del Green Deal. La Commissione lavorerà ad una nuova proposta. Infine taglio dell’obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni agricole dal piano per il clima UE per il 2040. “I nostri agricoltori meritano di essere ascoltati”, ha detto la von der Leyen. La sensazione è che le proteste degli agricoltori possano far tornare nei cassetti UE per un po’ i piani ambientali europei. E che altre filiere e settori potrebbero seguire l’esempio dei trattori.
Le ragioni economiche delle proteste
Da un lato i rincari energia-gasolio agricolo. Dall’altro la concorrenza sempre più agguerrita di prodotti extra-Ue che arrivano sui mercati europei a prezzi molto bassi. Aggravati dal “fattore politico-burocratico”, ben spiegato da Patrick Pagani, vice segretario generale del Copa-Cogeca (associazione che accoglie oltre 22 milioni di produttori): “Col Green Deal approvato nel 2019 la Commissione a guida Von der Leyen ha adottato un approccio verticistico ed estremamente punitivo nei confronti dell’agricoltura”.
Il paradosso che vivono gli agricoltori europei
Protestano per abbattere i limiti imposti dall’UE per ragioni ambientali e al tempo stesso sono il settore destinato ad essere più colpito da eventi meteorologici estremi e dalla carenza di acqua ascrivibili al cambiamento climatico e al riscaldamento globale. L’immagine è quella di una persona che non sa nuotare e si dimena sempre di più per non affogare. E non c’è bisogno di un semplice salvataggio.