Politica
Afghanistan, l’analisi di Germano Dottori nella nuova puntata di “A view from Italy”, il nostro format con Daniele Capezzone.
Di Alessandro Caruso
A ridosso dell’11 settembre, a distanza di 20 anni da quelle drammatiche ore vissute nel 2001, l’Afghanistan è sempre al centro del dibattito. L’11 settembre 2001 dall’Afghanistan arrivò la rivendicazione dell’attentato. In queste ore, invece, da Kabul si documenta il neonato governo talebano. Nel mezzo, c’è una missione durata un ventennio, terminata con il sangue che bagna tante contraddizioni e che non lava il campo dai dubbi, dalle domande e dalle incertezze sul futuro.
Dopo vent’anni, l’Afghanistan non sembra cambiato. Cosa è successo? Dove ha origine il fallimento di questa missione atlantica? Germano Dottori, analista di geopolitica e consigliere scientifico di Limes, lo ha spiegato come sa fare lui, con la solita competenza ed efficacia: «La guerra l’abbiamo persa nel 2005, quando abbiamo cambiato il modello di presenza, per inseguire un’utopia, la costruzione di uno stato moderno e centralizzato, che non c’era mai stato».
Ne ha parlato questa mattina, ospite del nostro format “A view from Italy” condotto da Daniele Capezzone dagli Utopia Studios. «Quando gli americani intervennero nel 2001 lo fecero con pochi commandos, senza avere quegli obiettivi di nation building, su cui invece ha scommesso l’alleanza atlantica, che sono entrati in Afghanistan nel 2003, con l’idea di dimostrare che europei avevano chiavi migliori per ricostruire un Paese distrutto, ma non è andata come volevano».
LE CHIAVI DI LETTURA E I RETROSCENA
Dottori cita anche il ruolo chiave del signore della guerra Ismail Khan e il suo appoggio ai Talebani, che ha dato l’idea del cambiamento radicale dello scenario. E della promessa dell’amnistia da parte talebana, con la conseguente neutralizzazione delle forze di sicurezza afghane.
E poi quel 26 agosto, in cui l’attento dell’Isis a Kabul ha fatto rimbombare l’eco di un retroscena cruciale. Chi c’è dietro Isis-K, chi sono i finanziatori? «Non escludo che l’Afghanistan sia diventato terreno ulteriore di un grande campo di battaglia che contrappone in Medio Oriente e in Nordafrica i sostenitori dell’Islam politico, legato alla Fratellanza musulmana, e i loro avversari».
IL NUOVO RUOLO USA
Nella crisi afghana Dottori ha individuato il nuovo vocabolario geopolitico delle strategie USA. L’America ha cambiato postura, non si disinteressa degli affari mondiali, ma crede di giocarsi la partita del futuro su altre dimensioni, individuando come rivale la Cina e ipotizzando che la battaglia si vinca in altri campi: controllo del mare, dello spazio e dello spazio elettromagnetico. «Già dai tempi di Obama l’idea era di andare via e trasmettere le patate bollenti agli altri, alleati e rivali. La visione è quella di investire meno sugli eserciti, che sono irrilevanti ai fini della supremazia a livello mondiale».
IL NUOVO GOVERNO TALEBANO
Dottori commenta anche il nuovo establishment talebano e le sue contraddizioni. Da un lato i Talebani sono cresciuti, questa volta non vogliono isolarsi, come dimostrano alcune loro dichiarazioni a supporto della lotta al terrorismo internazionale e della sensibilizzazione nei confronti delle tematiche ambientali. Ma dall’altro la realtà parla di un governo da cui sono state escluse le componenti più inclusive. Dove stiamo andando? «Per capirlo bisognerà vedere i comportamenti di altre potenze, primo tra tutti il Pakistan».
Per vedere l’intera puntata vai su: https://www.facebook.com/thewatcherpost/videos/259203752739616