Nel momento in cui scriviamo il caos regna sovrano. Sì, il PD sembra essere in testa praticamente ovunque, il centro destra arrancare, i 5S praticamente scomparire, ma le prime proiezioni sembrano smentire gli exit poll, soprattutto a Roma e nelle suppletive di Siena si vede in testa Enrico Letta, pur senza sfondare. In un tale clima di incertezza l’unico aspetto che è certo è l’affluenza: invariabilmente in calo.
Per capire, a Milano il dato (47%) è il più basso di sempre. A Roma il dato definitivo sull’affluenza al momento di scrivere ancora non è stato comunicato (strano, vero?), ma sarà sotto il 50%. A Siena, dove si è votato per le suppletive, il segretario del PD, candidato, non è riuscito a portare l’affluenza oltre il 35% degli aventi diritto, in pratica un elettore su tre è andato a votare. Una sconfitta per la democrazia che ha molti padri, dall’antipolitica alla paura per il Covid, dalla qualità dei candidati alla litigiosità dei partiti, fino alle leggi che regolano le campagne elettorali.
In molti si sono interrogati se abbia senso continuare a gestire le elezioni con regole di 80 anni fa, senza tener conto del mutamento della società. E forse la direzione è proprio questa.
Se posso con un semplice account SPID votare per il referendum, perché non posso votare per un’elezione locale se mi trovo da un’altra parte, magari per studio o lavoro? E ancora, perché uno che in Italia non c’è mai venuto può eleggere un parlamentare all’estero il quale, a sua volta, magari non ha mai calcato lo Stivale mentre io che sono di Palermo e lavoro a Torino devo fare un “coast to coast” sfiancante per votare? La politica non prende decisioni e così i cittadini decidono: decidono di non essere più elettori. E così la sconfitta è di tutti.