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Ue: Vertice europeo, le ansie internazionali distraggono dagli scenari europei

19
Aprile 2024
Di Giampiero Gramaglia

Con il suo stile molto americano e poco europeo, Politico aveva collocato questo Vertice europeo ‘speciale’ di metà aprile, l’ultimo in linea di massima prima delle elezioni europee dal 6 al 9 giugno, sotto un’insegna provocatoria: “Munizioni e non api”, che in inglese è quasi un gioco di parole, ‘bullets, not bees’. L’Unione europea, negli ultimi mesi, ha mostrato la tendenza populista, e quindi elettoralistica, ad affossare le scelte verdi – sotto la spinta d’interessi economici sostanzialmente negazionisti e sotto quella corporativa degli agricoltori – e a valorizzare, invece, quelle dell’Europa della Difesa, puntando, però, a rafforzare l’industria degli armamenti, in funzione pro-ucraina, o anti-russa, più che a dotarsi di una capacità di difesa autonoma integrata nella Nato.

Per giustificare la sua affermazione, Politico scriveva: “Una bozza delle priorità dell’Unione per i prossimi cinque anni insiste sulla difesa e menziona appena il cambiamento climatico”. C’è tutta una serie di prese di posizione recenti dell’Ue – migranti, clima, agricoltura – che antepongono interessi immediati a scelte lungimiranti. Decisione spesso contraddittorie di impegni già assunti e talora di convergenze politiche consolidate.

Ma poi è successo, come accade spesso, che l’attualità ha deragliato un Vertice europeo che doveva tratteggiare il futuro dell’Ue, dal miglioramento della competitività al completamento, mai realizzato, del mercato unico, traendo linfa dai lavori preparatori affidati a due ex premier italiani, Mario Draghi ed Enrico Letta.

Draghi è in corsa per uno degli incarichi di punta delle Istituzioni europee nella prossima legislatura 2024-2029: la presidenza della Commissione europea, dove le chances di Ursula von der Leyen, che sembrava inattaccabile, sono in caduta libera in questa fase, tra diffidenze politiche e incidenti di percorso. Ad avere “sguainato i coltelli” contro la presidente uscente – l’immagine, che è attuale a Bruxelles, evoca le Idi di Marzo – sono socialisti, verdi , liberali, che hanno tutti loro candidati più o meno di facciata e che sono indispettiti dall’insistenza con cui UvdL corteggia i conservatori; ma c’è fronda anche nel suo partito, i popolari europei.

Dunque, la prima giornata del Vertice europeo è stata occupata dalle crisi internazionali: l’Ucraina, dove il presidente e il ministro degli Esteri di Kiev Volodymyr Zelensky e Dmytro Kuleba rinnovano pressanti appelli ad avere più armi e più munizioni, specie per la difesa aerea, perché il loro Paese è sempre più esposto agli attacchi russi su obiettivi militari e infrastrutture energetiche e industriali; e, soprattutto, il Medio Oriente, dove i possibili strascichi delk botta e risposta tra Israele e Iran ingigantisce i timori di un allargamento del conflitto.

I leader dei 27, in realtà, hanno poco margine d’azione e di reazione, alla pari di tutti i consessi riunitisi d’urgenza questa settimana per esaminare e valutare la situazione: i leader e poi i ministri degli Esteri del G7 a presidenza di turno italiana; domenica, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu; e, martedì, i ministri degli Esteri dell’Ue. Tutti unanimi nel rinnovare il sostegno all’Ucraina – senza però sbloccare gli aiuti Usa, ostaggio da sei mesi di beghe politico-elettorali statunitensi -. E tutti unanimi nel condannare la ritorsione dell’Iran contro Israele – come se l’attacco israeliano contro una sede diplomatica iraniana in Siria il 1o aprile fosse accettabile per il diritto internazionale -. Poco, però, di concreto, se non un nuovo giro di sanzioni anti-iraniane: sono 27 mesi, dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, che la politica estera occidentale si riduce sostanzialmente alle sanzioni, con effetti scarsi o nulli e qualche autogol.

L’asse Parigi – Berlino sblocca il mercato dei capitali
Solo ieri, nel secondo giorno del Vertice europeo, s’è parlato delle prospettive dell’integrazione. E ci si è incagliati per almeno tre ore sul capitolo del mercato dei capitali: come ai vecchi tempi dell’asse Parigi – Berlino, cui Roma teneva bordone, invece di flirtare con i frilli dell’Unione, è stata una proposta franco-tedesca a smuovere Irlanda, Lussemburgo, Cipro e Malta, cioè la coalizione dei piccoli ‘paradisi fiscali’ europei.

Alla fine, l’intesa è acqua fresca: i 27 sono d’accordo sull’idea di “migliorare la convergenza ed efficienza” della “supervisione” dei mercati dei capitali europei e invitano “la Commissione a lavorare sulle condizioni per mettere in condizione le autorità europee” di esercitare effettivamente una supervisione dei capitali sistemici più rilevanti e dei princiupali attori dei mercati finanziari. Parole, per ora, senza impatto concreto.

Fino all’ultimo il testo delle conclusioni del Vertice europeo era stato lasciato aperto su due punti, proprio nella parte sull’Unione del mercato dei capitali. Il primo sull’armonizzazione dei sistemi di insolvenza nazionali e sulla tassazione per le aziende, inclusa l’idea di sostenere gli investimenti dei capitali. Il secondo, più spinoso, sul miglioramento della supervisione dei mercati dei capitali, per dare alle autorità di sorveglianza europee potere sui capitali a rilevanza sistemica sovranazionale e sugli attori dei mercati finanziari.

La svolta, sul secondo punto, è arrivata puntando sulla convergenza e affidando alla Commissione di studiare come realizzarla, “prendendo in considerazione l’interesse di tutti gli Stati membri”.

Ue: Vertice europeo, il rapporto di Letta ai leader sul completamento del mercato unico
Il mercato unico è per tutti: sono quarant’anni che lo sentiamo ripetere, da quando Jacques Delors lanciò l’obiettivo del completamento, che, evidentemente, non è stato ancora realizzato, se, adesso, a Bruxelles arriva il rapporto di Enrico Letta ai leader dell’Ue sul futuro del mercato unico.

L’ex premier italiano, in un testo di 150 pagine, dice che l’integrazione deve essere “parte cruciale del dibattito elettorale”: speranza a priori vana, in Italia e non solo, perché i temi europei, quando vengono toccati in campagna elettorale, sono sempre ridotti a slogan. E questo non si presta.

Letta chiede la creazione di “una Conferenza permanente dei cittadini”, perché il mercato unico deve essere “compreso e accettato dalle opinioni pubbliche”. L’ex premier suggerisce al Consiglio di chiedere alla Commissione di “elaborare una strategia globale” sulle “azioni per abbattere barriere esistenti, promuovere il consolidamento e rafforzare la competitività del mercato unico”. Un tema che lega lo studio di Letta, ‘Much more than a market’, alla riflessione sulla competitività affidata a Draghi.

L’analisi di Letta delinea diverse proposte su come rafforzare il mercato unico: Sabina Rosset, sull’ANSA, le sintetizza partendo dall’invito ad aumentare la collaborazione tra datori di lavoro e lavoratori: il dialogo sociale è necessario, come un aumento della contrattazione collettiva.

Nel settore energetico, lo studio si concentra sull’aumento dell’interconnettività e sugli investimenti in infrastrutture per massimizzare il potenziale delle rinnovabili, garantire la sicurezza energetica ed espandere le opzioni di approvvigionamento. Per l’industria, invita a semplificare le normative. Un focus particolare è riservato all’integrazione finanziaria, con la proposta di creare un’ ‘Unione del risparmio e degli investimenti’ (non solo un’Unione del mercato dei capitali) per mobilitare capitali privati nell’Ue, riducendo la dipendenza dalla finanza estera. Sull’allargamento, l’approccio è cauto: garantire il rispetto dei valori Ue estendendo gradualmente i vantaggi del mercato unico.

Il presidente dell’Istituto Delors invita quindi i 27 a puntare all’integrazione di telecomunicazioni, energia e finanza, dando dimensioni di scala all’economia europea. Quanto alla difesa, serve che l’industria cresca in modo da soddisfare la richiesta interna: “Se non siamo in grado di crescere, continueremo con questa vergogna dell’80% o più precisamente del 78% di forniture militari non europee acquistate come europei”.

Il rapporto di Letta ha ricevuto molti apprezzamenti, ma anche qualche critica. L’ex premier chiosa: “Il vero nemico del mio lavoro è il cassetto”. Una destinazione che, specie col cambio della guardia da una Commissione all’altra, non può essere esclusa.