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Trump 2: Ucraina al centro con Starmer e Zelensky, ancora dazi e ‘tagli’
Di Giampiero Gramaglia
L’Ucraina al centro degli incontri nello Studio Ovale di Donald Trump ieri con Keir Starmer e oggi con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky; gli ennesimi annunci sui nuovi dazi a Messico e Canada -questa volta, la data d’avvio è indicata al 4 marzo – e sull’aumento del 10% di quelli già in vigore alla Cina (Messico, Canada e Cina sono i tre maggiori partner commerciali dell’Unione); la sequela di tagli a finanziamenti pubblici e licenziamenti di dipendenti federali, con il corollario degli ordini dei giudici che in parte li bloccano o li sospendono: questa, sui media Usa, la dieta informativa del 40° giorno del Trump 2 – ne restano 1420 -.
Fra i commenti e le analisi, Aaron Blake si chiede sul Washington Post “quanti elettori di Trump rimpiangano giù di averlo votato” – temo siano meno di quanti lui spera – e Lee Hockstader scrive, sullo stesso giornale, che “l’Europa guarda, stupefatta, Trump divenuto l’amichetto di Putin”. Invece, la Cnn denuncia “il nichilismo a casaccio del Dipartimento per l’efficienza dell’Amministrazione pubblica”, il Doge di Elon Musk, e fa l’elenco delle misure prese e poi precipitosamente ritirate perché sbagliate o controproducenti.
Con parole analoghe, New York Times e Washington Post affermano che Starmer ha usato “un mix di deferenza e di adulazione” per confrontarsi con Trump sull’Ucraina, giocando la carta d’un invito “senza precedenti” da parte di re Carlo per una seconda visita di Stato in Gran Bretagna – la prima avvenne nel primo mandato e l’ospite fu, all’epoca, la regina Elisabetta -. L’invito è stato accettato.
Secondo il WP, “nell’era di Trump, l’autoritarismo continua ad avanzare”, mentre il NYT nota che “i leader stranieri non esitano a correggere o a contraddire Trump anche in pubblico”, com’è avvenuto lunedì scorso con il presidente francese Emmanuel Macron e ieri con Starmer, specie parlando dell’entità degli aiuti americani ed europei all’Ucraina,
Trump 2: i tagli contestati da senatori e giudici
Tre senatori repubblicani, Lindsey Graham (South Carolina, vicino a Trump), Lisa Murkowski (Alaska) e Susan Collins (Maine), hanno scritto al segretario di Stato Marco Rubio, sollevando dubbi sulla legalità del congelamento di aiuti all’estero per centinaia di miliardi di dollari già decisi dal Congresso e dei tagli al personale dell’Agenzia per lo Sviluppo, la USAid. Secondo vari media, altri esponenti repubblicani, in privato, esprimono riserve sulla legalità di alcuni provvedimenti dell’Amministrazione Trump 2. Rubio è stato invitato a fare un’audizione per spiegare al Congresso la logica delle misure.
Fronte magistratura, un giudice federale ha bloccato, perché forse illegali, i licenziamenti in massa dei dipendenti federali in prova, cioè con meno di due anni d’anzianità. Il blocco è temporaneo, nell’attesa di valutare nel merito le contestazioni formulate da sindacati e da organismi per la tutela dei diritti civili.
Tra ricorsi e sentenze, talora contraddittorie l’una con l’altra, gli ordini firmati dal presidente Trump fanno comunque sentire il loro effetto. Lo Iowa, ad esempio, è ieri divenuto il primo Stato a varare una legge che revoca le misure contro la discriminazione dei transgender: il voto della legge è stato segnato da proteste dei movimenti Lgbtq.
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