È sempre complicato commentare una settimana politica quando un caso di cronaca conquista l’attenzione di tutti e definisce il framework all’interno del quale ognuno si esercita nella sua parte.
Si fa fatica a capire da dove si sia iniziato, chi sia stato il primo a “politicizzare” un fatto gravissimo e chi ne voglia trarre un vantaggio continuando a parlarne.
Si fa fatica a capire il senso di proposte normative che andrebbero a sommarsi alla legislazione esistente, come se bastasse un qualsivoglia inasprimento delle pene a risolvere il problema, questo come qualsiasi altro derivi da un fatto di cronaca.
Si fa anche fatica a capire come si leghi la parte con il tutto, come il caso singolo derivi da un determinato contesto piuttosto che un altro.
Soprattutto, si fa davvero fatica a capire perché tutti, ma proprio tutti, si sentano in dovere di commentare qualcosa che meriterebbe un più profondo rispettoso silenzio.
E’ una cosa che abbiamo scritto spesso negli anni e continueremo a farlo perché troppo convinti di quanto la pulizia del linguaggio sia uno dei principali fattori di concreto cambiamento.
Perché non introdurre una norma che regoli i “30 minuti di introspezione” prima di un qualsivoglia comunicato/video/post/tweet di un politico? Fosse mai che…