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20
Settembre 2024
Di Redazione

L’introduzione di oggi può considerarsi un esperimento, leggero per certi versi, più serio per altri. Lo scriviamo subito, per evitare che chi legge possa non avere la pazienza di arrivare fino in fondo per scoprirlo. 

A scriverla è stata infatti un’intelligenza artificiale generativa, sulla base di precedenti contenuti simili. La base del ragionamento è stata la recente nascita della Commissione von der Leyen 2 e il relativo ruolo giocato dall’Italia nella nomina di Raffaele Fitto come Vicepresidente Esecutivo. 

Abbiamo chiesto un’analisi e abbiamo corredato il tutto con degli scritti già utilizzati così da settare il tono e le parole. Ecco il risultato, del quale il giudizio più importante che ci piacerebbe leggere è il vostro, perché quello di chi scrive non può che essere di straniamento. 

Mai come oggi, buona lettura.

Ecco che spunta il discorso sul “nuovo stile” della politica italiana nel contesto europeo. La Commissione Ursula von der Leyen 2 segna un cambio di passo: Bruxelles non è più quella grigia e lenta istituzione che tutti immaginavano, ma sembra quasi un vero governo, con un po’ di slancio federalista. La conferma? Basta vedere come Parigi e il buon Macron sono stati messi un po’ in panchina nella formazione della squadra.

Nel frattempo, l’Italia ha giocato bene le sue carte. Giorgia Meloni ha investito parecchio nella partita europea, riuscendo a piazzare Raffaele Fitto in un ruolo strategico. Il tutto dopo aver votato contro von der Leyen, ma in fondo questo ha dato a entrambi la libertà di muoversi senza troppi vincoli: la tedesca ha potuto negoziare tranquillamente senza doversi legare alla nuova destra, e Meloni ha consolidato la sua posizione, restando ben lontana dai riflettori. Il risultato è un nuovo assetto europeo, con Fitto in prima linea e la destra italiana pronta a gestire la situazione nei prossimi anni. Di fatto, è una rivoluzione silenziosa nel modo in cui la destra italiana si muove in Europa.

Ovviamente, non mancano gli irriducibili. C’è ancora qualche nostalgico dell’Italexit, i soliti no-euro e un paio di personaggi coloriti che resistono ai margini. Ma la maggior parte ha capito l’antifona e si allinea, magari senza accorgersene, alla strategia meloniana: partecipare alle decisioni europee per cambiarle dall’interno. E via anche con i toni meno aggressivi verso i “burocrati di Bruxelles”, non perché il peso della burocrazia sia magicamente evaporato, ma perché adesso la destra italiana è coinvolta nel rafforzare la Commissione stessa. Il paradosso? Il vero successo sarà rendere l’Europa più politica, ridimensionando quella stessa burocrazia che tanto detestava. Insomma, da contestatori a strateghi: non male come evoluzione!