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Se i sondaggi restano immobili, vuol dire che il metodo dell’apocalisse mediatica non funziona

03
Luglio 2023
Di Daniele Capezzone

C’è un format mediatico ormai collaudatissimo, che va in onda e viene pubblicato a reti e testate quasi unificate: quello dell’apocalisse imminente ai danni del (o causata dal) governo di centrodestra. 

Starei quasi per dire che il casus belli è irrilevante, e cambia ogni giorno: può essere il rischio-fascismo, l’antieuropeismo presunto, una riforma istituzionale annunciata, una nuova normativa in materia di giustizia, una misura economica, o anche una semplice dichiarazione di Giorgia Meloni o di un altro esponente governativo. Come si vede, tutto fa brodo: l’importante è presentare il “caso” a tinte fortissime, come una provocazione insopportabile, un’offesa alla Costituzione, uno sfregio al senso comune, e via alzando l’asticella dello sdegno. 

Se ci pensate, è questo lo schema di gioco dei giornali maggiori dal 25 settembre scorso, giorno della vittoria meloniana. Anzi, da ben prima: dall’apertura della campagna elettorale determinata dal venir meno della fiducia al governo Draghi nel luglio dell’anno scorso. 

Risultato? Nonostante questo baccano, la Meloni ha stravinto le elezioni, e dopo il voto di settembre è salita ancora nei sondaggi. Di più: le rilevazioni nazionali – da molti mesi – vedono cifre pressoché invariate, con oscillazioni di pochi decimali: FdI intorno al 29%, Lega e Forza Italia su livelli molto buoni, il centrodestra complessivamente attestato sopra il 47-48%, e le opposizioni staccatissime, con il Pd inchiodato al 20%, e con perfino una (politicamente impossibile) somma di tutte le opposizioni incapace di sopravanzare l’alleanza Meloni-Salvini-Fi.  

E allora? E allora c’è da chiedersi a cosa serva questo “al lupo al lupo” gridato costantemente a volume altissimo da sinistra. Non ha spaventato chi voleva votare Meloni, né ha incoraggiato a votare a sinistra chi la temeva (o avrebbe dovuto farlo, secondo gli urlatori democratici). Nell’interesse di una democrazia funzionante, sarebbe il caso che la sinistra cambiasse schema: non c’è alcuna minaccia autoritaria in corso, e semmai c’è un governo pienamente legittimato. Servirebbe – ma è cosa un po’ più difficile rispetto alle urla – una semina intelligente e costruttiva sul lato dell’opposizione. Esercizio faticoso, incerto, di lungo periodo: ma è l’unico che abbia senso per gli avversari dell’attuale esecutivo.

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