Politica
Quirinale, Clementi: illegittimo impedire il voto ai parlamentari positivi
Di Alessandro Caruso
Sulla questione voto Quirinale incalza il dibattito tra costituzionalisti. Anche il professore Francesco Clementi, ordinario di Diritto costituzionale all’università di Perugia, ospite ieri mattina di “Largo Chigi“, ha ribadito il concetto: «Imporre limiti al voto è tecnicamente un errore». Il diritto di voto dei componenti di questo particolare seggio elettorale, il Parlamento, insomma, va tutelato.
LA REGOLA SENZA ECCEZIONI
Attualmente la regola stabilita dai capigruppo impedisce ai positivi di votare, e la legge non permette senza super green pass di accedere ai mezzi di trasporto, motivo per cui alcuni parlamentari isolani hanno anche presentato ricorso alla Corte costituzionale, che la Consulta ha però bocciato specificando che il diritto di voto sia garantito dalle Camere, ripassando, di fatto, la palla al Legislatore. Se la legge impone delle restrizioni che indirettamente condizionano il diritto di voto, sia cambiata la legge, dice la Corte.
IL DIRITTO DI VOTO
Secondo Clementi la questione si sottopone a un profilo di illegittimità. Il suo ragionamento è chiaro: non si può impedire ai grandi elettori di esercitare il proprio diritto di voto, gli elettori presidenziali impossibilitati a recarsi a Montecitorio non sono paragonabili ai “malati” che non hanno preso parte alle precedenti 12 elezioni presidenziali, perché in quei casi erano loro che per loro volontà decidevano di non poter partecipare al voto. In questo caso, invece, l’ordinamento sta esercitando una limitazione a un diritto in modo “coatto”. «Ci sono strumenti – ha spiegato il professore – tecnici, giuridici e sanitari per garantire il voto dei positivi, di coloro che sono in quarantena e addirittura dei no vax, ebbene tali strumenti dovrebbero essere utilizzati a garanzia di un diritto costituzionale».
IL QUORUM
E se il senatore Gaetano Quagliariello, ospite anche lui della trasmissione, ha paventato un rischio giuridico da non sottovalutare: «Va rispettata legge, per fissare nuove norme avremmo dovuto modificare i regolamenti parlamentari. Ci sono leggi e prassi, ma cambiare con una norma secondaria una modalità di elezione del Capo dello Stato è un precedente poco prudente», dal canto suo Clementi non ha dubbi: «Il Parlamento è arrivato in ritardo, doveva regolamentare. È da quando è scoppiata la pandemia che si sapeva del voto al Quirinale, il tempo c’è stato, ma si è sprecato». Se viene meno qualche elettore presidenziale il collegio può subire squilibri politici che possono naturalmente rendere più complessa l’elezione. Tuttavia la Costituzione un punto importante lo fissa: il quorum rimane invariato a prescindere da quante persone sono presenti al voto, perché è un quorum strutturale legato agli aventi diritto, ma in caso di assenze il quorum “esplicito” (673 su 1009, a maggioranza qualificata, o 505 a maggioranza assoluta) si alza. E questo da un lato potrebbe favorire la composizione di più ampie intese tra forze politiche».