Politica
“Orbanizzazione” della Meloni? Chi lo pensa e lo scrive dev’essere impazzito
Di Daniele Capezzone
Proprio perché – in una democrazia dell’Occidente avanzato – sono ben consapevole dell’importanza di un’opposizione spendibile, credibile, seria, robusta, a maggior ragione mi preoccupa una deriva sempre più inspiegabile e irrazionale della sinistra italiana: e di quella mediatica ancor più di quella politica, se possibile.
Da giorni, a partire dal presunto casus belli rappresentato dalla sottrazione alla Corte dei Conti del controllo concomitante in materia di Pnrr, il tentativo è quello di mettere in pentola un gran minestrone: la Rai, lo scontro vero o presunto con l’Ue, i diritti, fino a questa vicenda della Corte dei Conti. Risultato? Accreditare la tesi – a cui non crede, immagino, nemmeno chi la scrive con titoli fiammeggianti – di una Meloni incamminata nientemeno che sulle orme di Viktor Orban, di una destra italiana metaforicamente in marcia da Roma a Budapest. Formalmente legittimata dalle urne, ma in realtà – si lascia intendere – affascinata da una possibile torsione autoritaria, insofferente ai controlli, infastidita dai poteri terzi e neutri.
Ora, se non parlassimo di cose serie, ci sarebbe perfino da sorridere. Usciamo da anni in cui i governi (è “regolarmente” accaduto dal 2011 al settembre scorso), pur dotati di fiducia da parte delle Camere, avevano scarsa o nulla parentela con il voto dei cittadini: eppure, tranne pochissimi, quasi nessuno si è posto il problema di questo palese scollamento tra kratos e demos. Ancora, usciamo da anni in cui il Pd e i suoi satelliti hanno letteralmente preso tutto: il governo, le altre postazioni istituzionali, con il supporto e la grancassa di quasi tutto il sistema mediatico scritto e audiovisivo. Per non dire – chiamiamole così – delle smagliature sul piano delle libertà costituzionali pressoché generalmente accettate nell’orribile biennio Covid, durante il quale, con meri atti amministrativi (i famigerati Dpcm), si è tranquillamente inciso su una mezza dozzina di articoli della Costituzione.
E il problema – invece – ci sarebbe adesso? Cioè con un governo scaturito dal voto degli italiani e dotato di una quantità enorme di contropoteri, di bilanciamenti, di controcanti, e ogni giorno oggetto di uno scrutinio mediatico occhiuto e severissimo?
Non è nostro compito dare consigli alla sinistra, che sa benissimo sbagliare da sola. Ma questo tono da vigilia perenne di colpo di stato ha stancato, annoia, non fa più presa nemmeno sui militanti più ottusi. Si mettano il cuore in pace. E – semmai – si mettano politicamente al lavoro per costruire una coalizione ampia e una proposta politica credibile. Quello – non altro – è il compito a cui sono chiamati. Se lo svolgeranno in modo intelligente, daranno un contributo importante: eviteranno che il sistema politico dei prossimi anni sia sostanzialmente privo di alternative, come accade oggi per loro evidente responsabilità.