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Occhi puntati su Roma

26
Aprile 2025
Di Redazione

Poco esperti di faccende terrene, figuriamoci quanto possiamo esserlo di quelle ultraterrene. Tuttavia, nel momento in cui assistiamo al funerale di Papa Francesco, ci sono alcuni elementi prettamente incastonati nello “spirito del tempo” che ci inducono a commentare quanto sta accadendo. 

Breve premessa storica, d’obbligo per chi non ne avesse memoria. 

Il mondo non vedeva la morte di un Papa in carica dal lontano aprile 2005, esattamente 20 anni fa, quando a lasciare questa terra fu Giovanni Paolo II, per giunta al termine di un percorso di sofferenza nella malattia durato anni e che aveva preparato la Chiesa alla sua dipartita. 

Il suo successore, Benedetto XVI, scelse infatti di rinunciare alla carica dopo nemmeno 8 anni di pontificato, all’inizio del 2013, lasciando il posto a Francesco, il 1° Papa di tante cose: nome, provenienza geografica e di istituzione religiosa, frutto della sua appartenenza all’ordine dei Gesuiti. 

Chi c’era si ricorderà sia dell’enorme afflusso di persone che parteciparono al funerale del Papa “Santo subito” sia di quanto l’esito del successivo Conclave appariva, se non scontato, quanto meno indirizzato verso la figura di Joseph Ratzinger. 

Oggi, vent’anni dopo, elementi di continuità e discontinuità avvolgono questo accadimento di portata globale. 

Come allora, tutti i principali leader globali saranno presenti, rendendo il funerale il più grande ritrovo di autorità politiche che si possa immaginare. 

In primo luogo, se nel 2005 all’ordine del giorno vi erano le 2 guerre portate avanti dagli Stati Uniti in Iraq e Afghanistan, fattore divisivo ma entro un certo limite tra le potenze occidentali e non solo, oggi a dominare il dibattito sono i tanti conflitti paralleli, quella “guerra mondiale a pezzi” coniata proprio da Papa Francesco nel 2014. 

In secondo luogo, fatto marginale forse, nel 2005 non esistevano i social network e tutto il loro corollario di comunicazione immediata ed estremizzata. Il funerale di Papa Francesco sarà l’occasione per cogliere qualsiasi dettaglio nelle posture dei principali partecipanti e dare adito a qualsiasi forma di interpretazione più o meno aderente alla realtà rispetto a vicinanze e distanze. 

Sempre grazie ai social, assume quasi un altro significato l’imminente Conclave. Se 20 o anche solo 8 anni fa, eravamo tutti pendenti dalle labbra dei pochi “vaticanisti”, oggi siamo già inondati da una notevole quantità di “neo-vaticanisti” o “vaticanisti d’accatto”, in una sorta di revival di quanto abbiamo già assistito con la pandemia e i sedicenti “virologi”. Anche a loro spetteranno i proverbiali “15 minuti di celebrità” vaticinati da Andy Warhol. 

Il Conclave non è materia solamente religiosa, ma politica; tuttavia, “politica” non vuol dire per tutti, è sempre bene tenerlo a mente. 

Da ultimo, la politica, quella terrena. Se Roma sarà al centro del mondo, Giorgia Meloni e il Presidente Mattarella ne saranno al centro. 

In particolare la Premier, reduce dalla trasferta negli Stati Uniti e dalla seguente visita del Vicepresidente Vance, avrà l’occasione di condurre le danze di incontri one-to-one più o meno informali, magari tra personalità che altrimenti avrebbero resistito all’avvicinamento. 

Ma siccome ad azione segue reazione, già si moltiplicano le voci di “perplessità” rispetto all’opportunità di condurre simili incontri in siffatto contesto, come se anche gli stessi funerali non fossero da millenni occasione di relazioni tra chi ha la fortuna di non esserne il protagonista principale. 

Da oggi e fino a quando non terminerà il Conclave, occhi puntati quindi su Roma e Piazza San Pietro, con curiosità e voglia di analisi, ma sempre partendo dal presupposto di un profondo rispetto per un Papa che ha segnato i tempi recenti e che influenzerà anche il giudizio iniziale sul suo successore al soglio di Pietro.