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Nomine Ue, il negoziato sul bis di von der Leyen

18
Giugno 2024
Di Ilaria Donatio

Non vi è un accordo stasera”, ha spiegato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, in una dichiarazione alla stampa poco dopo la mezzanotte, per comunicare l’esito della cena informale tra i leader Ue, conclusa poco prima. La cena, tuttavia, è definita “informale” perché, per l’appunto, non prevedeva decisioni. 
Nessun accordo sulle nomine, ma passi avanti “nella giusta direzione”, ci ha tenuto a sottolineare Michel, sono stati fatti. D’altra parte, ha detto, “è nostro compito prendere una decisione sulle nomine entro fine giugno”. Michel si riferisce al Consiglio europeo della “prossima settimana”, in programma il 27 e 28 giugno.

Il confronto tra Ppe e S&D
Ma prima della cena tra i leader Ue sui posti di vertice delle istituzioni europee – i “top job” sono definiti  dalla bolla brussellese – c’è stato un confronto tra i negoziatori dei due principali gruppi politici: i popolari con il premier polacco Tusk e quello greco Mitsotakis e i socialdemocratici, con il cancelliere tedesco Scholz e il premier spagnolo Sánchez. A cui si sono aggiunti i negoziatori dei liberali: il presidente francese Macron, e il premier olandese uscente Rutte.

Il no all’Ecr
Se c’è un punto che accomuna i sei negoziatori è il no all’alleanza allargata con i conservatori dell’Ecr di Giorgia Meloni. Un no che Scholz ha pronunciato senza mezzi termini: “È chiaro che in Parlamento non deve esserci alcun sostegno per il presidente della Commissione che si basi su partiti di destra e populisti di destra”. Mentre Tusk ha scelto una formula più articolata: “Non è mio compito convincere Meloni, abbiamo già una maggioranza con Ppe, liberali, socialisti e altri piccoli gruppi, la mia sensazione è che sia già più che sufficiente”.

Le quattro caselle e la questione di metodo di Meloni
Sul tavolo ci sono quattro caselle da riempire: il presidente della Commissione, del Consiglio europeo e del Parlamento, il ruolo di Alto rappresentante per gli Affari esteri. 

Ma se ieri non erano in previsione decisioni definitive, era certamente “l’occasione per uno scambio approfondito e trasparente, per condividere le priorità, le aspettative, le speranze”, ha detto Michel. 
Meloni ha però contestato il tipo di approccio alla discussione, che secondo lei è partito dai nomi e non dai “segnali delle Europee”. 

Von der Leyen verso il bis
Fin dall’inizio è stato chiaro che c’era convergenza sul nome di von der Leyen per il bis e di Metsola per due anni e mezzo alla guida del Parlamento (che però è autonomo nel voto), in staffetta per la seconda metà del mandato con i socialisti. 

Tuttavia i popolari si sono presentati al tavolo con una richiesta in più: un riconoscimento maggiore tenuto conto del risultato elettorale che gli ha attribuito 190 eurodeputati, contro i 136 di S&D e gli 80 di Renew Europe. Dunque, il Ppe vuole per due anni e mezzo la presidenza del Consiglio europeo, che finora era destinata ai socialisti: una staffetta simile a quella del Parlamento Ue. 

Ma i socialisti non sono d’accordo e chiedono che il loro candidato, l’ex premier portoghese António Costa, possa coprire entrambi i periodi. L’attuale premier di Lisbona, Luis Montenegro (Ppe), a margine della cena, ha detto che “è importante” che l’Europa “non entri in un impasse per la designazione dei vertici Ue”. 

L’intenzione, dunque, è di procedere spediti ma l’intesa deve essere su tutti i quattro nomi.