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No, non servono reazioni isteriche dall’Ue, ma pragmatismo
Di Daniele Capezzone
È tutto un fiorire di reazioni orgogliose e pettorute alle parole pronunciate lo scorso weekend a Monaco dal vicepresidente americano J.D. Vance.
Il quale sarà stato pure ruvido e in qualche passaggio quasi compiaciuto nel bastonare il vecchio establishment europeo. Ma quest’ultimo – a ben vedere – non può incolpare altri se non se stesso.
Nessuno ci ha imposto dall’esterno le assurde regole sul Patto di stabilità, o la follia del Green Deal, o l’iper-regolamentazione ossessiva che è ormai un marchio distintivo dell’Ue.
Queste catastrofiche scelte sono state tutte “self-inflicted”, cioè colpi che ci siamo inferti da soli. E di cui adesso paghiamo le conseguenze.
E allora, anziché abbaiare alla luna, si tratterebbe – con pragmatismo – di iniziare a smontarle, per aprire una stagione di collaborazione con l’amministrazione Usa improntata al realismo (non al velleitarismo), alla cooperazione (non alla sfida, magari occhieggiando alla Cina), a una maggiore attenzione agli elettori e allo spirito del tempo (che Trump, piaccia o no, capisce e incarna, e che è invece negato dai parrucconi europei).
Accadrà? Sarebbe auspicabile. Ma è purtroppo assai improbabile.
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