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La sfida della decarbonizzazione e il ruolo delle tecnologie innovative: il dibattito all’IAI

15
Ottobre 2024
Di Ilaria Donatio

Quando, a settembre, il rapporto Draghi sulla competitività europea è stato finalmente pubblicato ha diffuso una dichiarazione molto forte che ha fatto notizia in tutta Europa (e non solo): o l’UE si adatterà a un mondo (molto) cambiato, oppure scomparirà. Il Rapporto, dunque, valuta tutto quello che è necessario per scongiurare questo destino – soprattutto una massiccia spinta agli investimenti (circa 750-800 miliardi di euro all’anno per tenere il passo dei competitor), riforme in settori chiave e una più forte integrazione europea. Ma il primo dei dieci capitoli del rapporto affronta il tema dell’energia, sottolineando chiaramente che uno dei motivi principali alla base dell’attuale divario competitivo sofferto dall’Ue si fonda sugli elevati prezzi dell’energia. Infine, passa in rassegna anche molte delle questioni chiave sul futuro del Green Deal con i focus su industria, decarbonizzazione e tecnologia verde.

E de “La sfida della decarbonizzazione. Il ruolo delle tecnologie innovative”, si è discusso stamane all’IAI – Istituto Affari Internazionali – insieme a Gilberto Dialuce, Presidente ENEA, Stefano Monti, Presidente, Associazione Italiana Nucleare, Andrea Prontera, Professore associato presso l’Università di Macerata, Simone Nisi, Direttore Affari Istituzionali, Edison SpA e Marzia Sesini, Research Team Leader – Gas & Hydrogen, Florence School of Regulation, European University Institute. Ha moderato il dibattitoMargherita Bianchi, Responsabile del Programma Energia, clima e risorse, IAI.

Il dibattito è partito da un dato: sotto la presidenza italiana, i paesi del G7 hanno annunciato il progressivo abbandono del carbone per la produzione di energia entro la prima metà degli anni 2030 o in un periodo coerente con il mantenimento dell’aumento della temperatura entro un grado e mezzo. A questo scopo, si rivela necessario promuovere lo sviluppo di tecnologie innovative tramite interventi strutturali e investimenti. Quali, dunque, le tecnologie chiave per la decarbonizzazione nel percorso verso il “Net-Zero” e le possibili strade da intraprendere nei prossimi anni?

Quello che indicava Draghi
La relazione suggerisce di evitare scelte drastiche fondate sulle tecnologie pulite: Draghi raccomanda di non concentrarsi esclusivamente sul “rimpatrio” totale di produzione di tecnologie pulite (impossibile o troppo costoso), né di fare totale affidamento su importazioni estere a basso costo, proponendo al contempo un approccio neutrale dal punto di vista tecnologico che si basi sulle specificità di ciascun Paese membro. Piuttosto, argomenta l’ex presidente del Consiglio italiano, sarebbero da scegliere quelle opzioni in base ai settori e al valore aggiunto per la produzione UE. E a questo proposito, Draghi distingue tra settori in cui l’Ue ha perso completamente il proprio vantaggio competitivo, quelli che sono ricchi di occupazione, quelli critici per la sicurezza e le industrie nascenti: tutti richiedono un diverso mix di politiche commerciali e industriali: per esempio, il vantaggio europeo sui pannelli solari è molto limitato, mentre il valore aggiunto della produzione di turbine eoliche è evidente. In alcuni casi sarà più complicato, come in quelli in cui la concorrenza sta crescendo (idrogeno) o dove la Cina ha un vantaggio forte, eppure sarà fondamentale sviluppare una capacità dell’UE, anche se a caro prezzo (es. batterie).

G7: nella dichiarazione finale focus su Cina e fusione nucleare
Il G7, nella dichiarazione finale, pur riconoscendo “l’importanza della Cina nel commercio globale”, ha espresso “preoccupazioni” per le sue politiche industriali che “stanno portando a ricadute globali e distorsioni del mercato”. 

In particolare, il Gruppo dei Sette ha chiesto alla Cina “di astenersi dall’adottare misure di controllo delle esportazioni, in particolare di minerali critici, che potrebbero portare a significativi malfunzionamenti della catena di approvvigionamento globale”.
Per quanto riguarda l’energia la dichiarazione ha stabilito che la tecnologia di fusione nucleare “ha la potenzialità di fornire una soluzione duratura alle sfide globali del cambiamento climatico e della sicurezza energetica”. Il G7 “promuoverà la cooperazione internazionale per accelerare lo sviluppo degli impianti a fusione e per sviluppare gli investimenti privati ed il coinvolgimento del settore pubblico”. Con questo obiettivo il G7 si “impegna a istituire un Gruppo di lavoro sulla fusione nucleare” e “accoglie con favore la decisione dell’Italia e dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica di tenere a Roma il vertice ministeriale inaugurale” del Gruppo di lavoro.

Dialuce (Enea): “Fusione non è pronta domani ma entro il 2050”
In un contesto globale sempre più dipendente dalla tecnologia, dall’automazione, dal ricorso a processi ed approcci digitalizzati, “l’energia rappresenta un fattore chiave per il corretto funziona-mento dei servizi essenziali”, ha riflettuto Gilberto Dialuce, presidente di Enea. “L’Italia – ha aggiunto – si trova a fronteggiare una sfida significativa che rende necessaria una visione di trasformazione del sistema energetico in cui la decarbonizzazione, le fonti rinnovabili, i nuovi vettori, le tecnologie abilitanti, la mobilità sostenibile e le infrastrutture diventano gli strumenti prioritari per una economia che promuova la crescita sostenibile”.

Quanto al nucleare, “mentre sulla fissione, il dibattito del G7 si è concentrato, da un lato, sulle nuove tecnologie (per esempio, i reattori di nuova generazione) e dall’altro, sugli equilibri di geopolitica, con particolare attenzione a quei paesi che ancora dipendono dalla Russia in un’ottica di emancipazione”, sulla “fusione, esiste una condivisione a livello globale tanto che è stato anche creato un gruppo di lavoro per mettere in rete enti di ricerca e condividere best practice”, ha aggiunto Dialuce. Detto questo, non sarebbe realistico pensare che come soluzione sia già “pronta”, ha sottolineato il presidente Enea, ma “esistono diversi problemi tecnologici che ci spingono a ritenere che probabilmente lo sarà entro il 2050”.  

Monti (AIN): “C’è da recuperare un gap di competitività enorme”
L’utilizzo del nucleare a fini pacifici non può che avere un contesto multilaterale, regionale e internazionale”, ha detto Stefano Monti, Presidente dell’Associazione Italiana Nucleare. “Negli Anni ’70 e ’80 eravamo all’avanguardia  ma oggi, dopo decenni che si è abbandonato qualunque progetto sull’atomo, c’è da recuperare un gap di competitività enorme e siamo tornati alla fase di selezione delle tecnologie migliori da sviluppare. Lo stato in cui versa la stessa supply chain (la catena di approvvigionamento) è figlia di questa scelta di abbandono: che ovviamente non riguarda Usa, Cina, India, Russa e Paesi Arabi che sono andati avanti”, ha evidenziato Monti, concludendo che la “sinergia e la cooperazione non solo dei paesi G7 ma anche Ocse saranno importanti per accelerare”.

Sesini (EUI): “Per sviluppare l’idrogeno, incentivare infrastrutture e mercato”
L’idrogeno è certamente uno degli elementi individuati per realizzare la transizione energetica. Ma “per avere impatto”, spiega Marzia Sesini dell’European University Institute, “deve avere l’infrastruttura e una regolamentazione ad hoc”. Un altro aspetto critico riguarda la sicurezza degli approvvigionamenti: “Il trasporto in forma liquida è inefficiente, dunque, l’idrogeno deve poter essere trasportato all’interno del prodotto finale (per esempio, sotto forma di ammoniaca): lo sviluppo di questo combustibile è subordinato alla creazione di una domanda di mercato”. Ma, si chiede la ricercatrice: “Nasce prima l’uovo o la gallina? Bisogna prima incentivare le infrastrutture oppure regolamentare il mercato?”.

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