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La demonologia applicata a Trump non funzionerà, meglio il realismo
Di Daniele Capezzone
Avviso agli antitrumpisti più esacerbati: la demonologia, una sorta di logica dell’esorcismo applicata alla nuova amministrazione americana giudata da Trump, non solo non funzionerà, ma rischierà – esattamente com’è accaduto in campagna elettorale ai progressisti su entrambe le sponde dell’Atlantico – di precludere una comprensione lucida della realtà e dei processi politici in atto.
Servirà a poco accusare due-tre potenziali ministri trumpiani di essere personaggi folkloristici. Chi si dedicherà a questo tipo di racconto perderà di vista il cuore della questione: quell’amministrazione sarà insieme molto popolare in patria e molto influente all’estero.
Sarebbe saggio – in primo luogo per gli avversari culturali e politici del trumpismo – adottare un registro di realismo: valutare il nuovo presidente e la sua squadra per ciò che davvero faranno (e non in base al solito ventaglio di pregiudizi) e considerare che Trump-Musk dureranno, lasceranno un segno, incideranno.
Meglio dunque capire come essere complementari e insieme competitivi, anziché meccanicamente avversativi. Anche perché, nell’era della turbopolitica ipermediatizzata, quel governo è e sarà espressione di una tendenza sociale profonda in Occidente, di un rigetto nettissimo degli standard progressisti, in nome di un mix di sentimenti e ragioni non facili da incasellare né tantomeno da sistematizzare “ideologicamente”, tra (benedette) spinte libertarie, (stimolanti) suggestioni tecnofuturizzanti, e qualche meno rassicurante ma comprensibile pulsione ultraidentitaria.
Sarebbe dunque auspicabile tentare di provocare uno sbocco riformatore: e cioè scommettere sull’esito migliore anziché puntare polemicamente sull’ipotesi peggiore, nella speranza miope di lucrare politicamente su un eventuale disastro.