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Migranti, la Corte dell’Albania sospende l’accordo con l’Italia
Di Giampiero Cinelli
La politica migratoria del governo davanti a un ostacolo. Quello della Corte costituzionale albanese, che ha sospeso la ratifica dell’accordo sulla gestione dei migranti tra Italia e Albania, che sarebbe dovuta arrivare oggi. Il Partito Democratico albanese e altri 28 deputati, schierati con l’ex premier di centrodestra Sali Berisha, hanno infatti presentato due ricorsi separati nei quali si sostiene che l’accordo violi la Costituzione e le convenzioni internazionali. La Corte ha ora 3 mesi di tempo per esprimersi con una sentenza in merito. L’accordo avrebbe dovuto permettere all’Italia di costruire in Albania due centri, in grado di ospitare ciascuno circa 3.000 persone, per inviarvi i migranti soccorsi nel Mediterraneo e gestire qui le richieste di asilo e gli eventuali rimpatri. Anche un esito positivo sulla ratifica, quindi, non avverrà prima del gennaio 2024.
Antonio Tajani, ministro degli esteri, a margine del pre-vertice a Bruxelles ha così commentato: «Non sono preoccupato. Credo che sia una questione di tipo giuridico che si risolverà in tempi abbastanza rapidi, però non tocca a noi commentare le decisioni della Corte di un Paese candidato a far parte dell’Unione europea».
Secondo i detrattori di Tirana l’intesa viola la Costituzione e le convenzioni internazionali sottoscritte dall’Albania, così da rendere necessario lo stop alla ratifica parlamentare fino al verdetto della Corte. La scadenza per il pronunciamento dei giudici cade nella data del 6 marzo 2024, ma la prima seduta plenaria è attesa per il 18 gennaio, una decina di giorni di prima di un altro appuntamento importante per il governo Meloni sempre sul tema immigrazione che è la conferenza Italia-Africa.
L’intesa tra Meloni e Rama aveva già fatto discutere per i suoi aspetti tecnici, legati al difficile espletamento delle operazioni, con il rischio di far calare l’attenzione sui diritti umani di coloro che finivano nei due centri. L’Unione Europea aveva detto che l’accordo è fattibile perché non è all’interno della sua giurisdizione, anche se approfondimenti sulla questione sono stati assicurati e non è passato inosservato il parere negativo del parlamento europeo. Le due nazioni non hanno ufficialmente rinunciato a portare avanti i patti, che per l’Italia sono anche onerosi, facendosi essa carico delle risorse necessarie. Risorse che, a giudicare dai documenti circolati, dal capitolo relativo a un Fondo apposito in cui congelare denari da utilizzare in seguito, e da quello che Tajani ha lasciato intendere, potrebbero andare ben oltre la cifra (l’unica per ora dichiarata pubblicamente) dei 16 milioni preventivati come anticipo.