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Indice sportività delle città, Trento la prima. Il Pnrr non basta

11
Settembre 2023
Di Giampiero Cinelli

Quanto una città offre in termini di possibilità sportive? Come si coniuga ciò con lo sviluppo e la qualità della vita di un luogo? Una graduatoria che misura l’indice di sportività l’ha fatta, anche quest’anno, il Sole24ore, supportato dal suo team di raccolta ed elaborazione digitale dei dati. 32 Gli indicatori complessivi racchiusi in quattro macro aree di indagine: lo sport di squadra, lo sport individuale, la sinergia tra sport e società di riferimento, le strutture presenti.

Nella classifica si è riconfermato al primo posto Trento, che fa benissimo in tutti gli indici, al secondo posto c’è la vicina Trieste, che si distingue negli sport acquatici e nel numero generale di atleti tesserati. Medaglia di bronzo per Cremona, distintasi sul versante degli sport femminili e di squadra. Poi Firenze e Milano rispettivamente quarta e quinta, seguite da Vicenza, Bergamo e Bologna. Chiudono il gruppo dei primi dieci Lecco e Bolzano. Roma è ventisettesima, tuttavia è ottima per quanto riguarda la praticabilità sportiva, Napoli passa dalla posizione numero 57 alla 55 grazie alla vittoria dello scudetto. La prima città meridionale è Cagliari all’11simo posto, trainata dal numero di strutture. Bari la prima pugliese al 62simo posto, in Sicilia svetta Messina.

Il presidente del Coni Giovanni Malagò ha commentato a caldo i risultati, osservando che anche la situazione dello sport locale è una fotografia della condizione del Paese reale, con il classico divario tra nord e sud. Malagò si è augurato che per migliorare il ranking il meridione possa guadagnare posizioni, e questo per lui sarebbe possibile con una migliore messa a rendita della tradizione sugli sport acquatici, che in alcuni casi sono meno costosi. Ma è chiaro per il dirigente che lo sviluppo sportivo dipende in larga parte dagli investimenti privati, dato che le strutture in Italia sono in larga parte gestite su iniziativa dei singoli, talvolta associati e affiliati ad altri enti, e chiaramente dove c’è meno reddito i risultati sportivi ne risentono.

Dunque è stato chiesto a Malagò come può operare il Coni per incentivare politiche virtuose, facendo riferimento ai soldi del Pnrr assegnati allo sport. La risposta allora è stata molto schietta: «Su come sono stati indirizzati i fondi del Pnrr allo sport la mia posizione è pubblica. Allo sport è stato destinato solo un miliardo, di cui 300 milioni alla scuola, ditemi se su 209 miliardi all’Italia lo sport si meritava di prendere solo lo 0,40% del totale. Siamo molto vicini al ministro Abodi, che sicuramente ora deve trovare il modo di correggere perché soprattutto al sud è complicato migliorare certi dati».

Il ministro dello sport Andrea Abodi, in collegamento, ha subito replicato: «Abbiamo trovato una situazione difficile, non ci piangiamo addosso. Il numero è mortificante, ma oltre al Pnrr c’è il fondo Sviluppo e Coesione e altre misure che arrivano dall’Europa, non solo per lo sport. Non avremo più alibi, dovremo essere bravi nella visione e nella strategia. Se avessimo potuto decidere ne avremmo pretesi di più». E poi ha aggiunto: «Il progetto Caivano vogliamo farlo diventare un prototipo. Il gioco di squadra non deve essere solo una dichiarazione di intenti. Anche lo sport deve avere un rapporto organico con gli altri settori, come con la scuola».

Osservazioni sono state fatte anche sul ruolo strategico dell’educazione motoria a scuola, troppo ridotta nel programma settimanale, e sull’utilizzo di metodi di monitoraggio precisi che catturino in modo chiaro le carenze di investimenti. Le vittorie delle società sportive possono aiutare ma non incidono molto, si è sottolineato, molto di più fa la giusta strategia nell’allocazione degli investimenti. Devono essere implementati dove servono realmente e in zone che hanno bisogno di essere rivitalizzate.

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