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Geopolitica dei cavi sottomarini. Il convegno

05
Novembre 2024
Di Ilaria Donatio

I cavi sottomarini gestiscono tra il 95% e il 99% del traffico internet mondiale: queste infrastrutture sono al centro dello sviluppo economico e sociale degli Stati e oggetto di competizione geopolitica tra le grandi potenze.

Quando ci accorgiamo, infatti, che il nostro telefonino non ha campo e istintivamente lo rivolgiamo verso il cielo, in realtà, dovremmo rivolgerlo verso la terra perché la maggior parte dei cavi passa proprio sotto di noi. Con un esempio molto pratico ma anche efficace, Luca Sisto, Direttore Generale Confitarma – Confederazione italiana armatori – ha introdotto il convegno: “I cavi sottomarini nell’attuale panorama geopolitico. Il collegamento tra Underwater e spazio”, convegno organizzato da Aidim, l’Associazione italiana di diritto marittimo, presso la sede di Confitarma, nella centralissima Piazza Santi Apostoli a Roma.

“Blue Acceleration”
Poco conosciuto e comunemente sottovalutato, lo “shipping” ha un’importanza globale fondamentale: pensiamo solo a tutta l’estensione delle acque che copre il 70% della superficie terrestre. Ancora: la “Blue economy”, secondo l’Ocse, potrebbe raggiungere entro il 2030 i 3 trilioni di dollari tanto che il World Economic Forum parla di “blue acceleration”.

Prendiamo la sola catena di rifornimento di una matita, indica sempre il direttore di Confitarma: la grafite è cinese, il legno di cedro arriva dal Canada, la vernice dalla Libia, il rame dal Cile e lo zinco dall’Australia, e per la gomma, lo zolfo dalla Sicilia e il lattice dall’Indonesia. Un’incredibile mappa di approvvigionamento!

Le cifre
Ma se esploriamo i numeri del mondo sottomarino, allora si apre lo scenario di un’infrastruttura strategica per la sicurezza degli Stati dato che dalla rete dei cavi sottomarini dipende, non solo la connettività globale come già detto, ma anche il trasporto di energia.

Il primo dato, sorprendente per la sua entità, è che ben l’80% dei fondali risulta ancora inesplorato. Il 99% delle telecomunicazioni digitali viaggia tramite le moderne dorsali marine dei flussi dati. Ben 487 sono i cavi sottomarini sul fondo del mare, per un totale di oltre 1,3 milioni di chilometri.

Per quanto riguarda l’Italia, si conferma al secondo posto, dopo la Francia, per consistenza della flotta di navi cable layer (posa cavi) e cable repair (riparazione cavi). In tutto il mondo se ne contano 109.

Scenari di guerra e legislazione inadeguata
Gli scenari di guerra attuali acuiscono lo scontro tra le grandi potenze che si contendono l’egemonia dei cavi incidendo sugli equilibri geopolitici internazionali. La legislazione vigente non tutela adeguatamente tali infrastrutture che possono essere oggetto di azioni militari, terrorismo, spionaggio e attacchi informatici. Da qui la necessità di un apparato normativo aggiornato, coerente con lo sviluppo tecnologico del settore, e in grado di rispondere alle nuove sfide imposte dalla cybersecurity.

Del quadro normativo internazionale ormai datato, ha parlato la professoressa Chiara Vagaggini, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, che non protegge questa infrastruttura da vulnerabilità originate da eventi naturali, umani e da attacchi informatici

La Convenzione di Parigi sulla protezione dei cavi telegrafici sottomarini risale al 1884 e occorre risalire ad essa, tuttora valida ed efficace, per trovare una fonte normativa che attribuisca, chiaramente e inequivocabilmente, un potere di coercizione alle navi da guerra (tra cui il fermo e diritto di visita) nei confronti di tutte le navi degli Stati contraenti che abbiano causato la rottura o il danneggiamento di cavi sottomarini.

Poi c’è la fondamentale Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare è del 1982. Essa distingue le regole esistenti per il mare territoriale da una parte, e la Zona economica esclusiva e il mare internazionale dall’altra. Per il mare territoriale, che si estende fino a 12 miglia dalla linea di base, la posa di cavi sottomarini così come il collegamento con le infrastrutture terrestri può avvenire solo con il consenso dello Stato territoriale, che ne disciplina anche il percorso della posa nonché le modalità di protezione. 

Nella zona economica esclusiva, che ogni Stato costiero può dichiarare fino a 200 miglia nautiche dalla linea di base, vige il principio della libertà della posa dei cavi sottomarini, sebbene lo Stato territoriale possa richiedere di approvarne il tracciato affinché questo non interferisca con le attività di pesca o sfruttamento minerario del sottosuolo. Tuttavia, ciò non può tradursi in un divieto di posare cavi nei confronti di altri Stati. In alto mare, infine, si afferma il principio di totale libertà di posa dei cavi sottomarini.

Quanto al quadro normativo europeo, abbiamo una Raccomandazione del Consiglio (8 dicembre 2022) su “un approccio coordinato a livello dell’Unione per rafforzare la resilienza delle infrastrutture critiche”. E i cavi sottomarini sono individuati come infrastrutture critiche dalla comunicazione congiunta sulla “Strategia europea per la sicurezza economica” del 20 giugno 2023. 

Infine c’è la Direttiva Ue 2555 del 2022 (direttiva NIS 2) che all’art. 7, comma 2, impone agli Stati membri di adottare misure strategiche riguardanti: “il sostegno della disponibilità generale, dell’integrità e della riservatezza del carattere fondamentale pubblico di una rete internet aperta, compresa, se del caso, la cibersicurezza dei cavi di comunicazione sottomarini”. E all’art. 23 indica che gli incidenti che interessano i cavi di comunicazione sottomarini devono essere segnalati al Team di risposta agli incidenti di sicurezza informatica (CSIRT), o all’autorità competente.

I cavi della discordia geopolitica
Nel mondo si sta assistendo, anche nel campo dei cavi sottomarini, a uno scontro crescente tra Cina e Stati Uniti. Attualmente il primato per quanto riguarda il possesso dei cavi sottomarini appartiene agli Stati Uniti, che ne controllano più della metà. Tuttavia, la Cina intende assumerne esplicitamente la leadership globale. Nel piano China Manufacturing 2025, è espressa chiaramente la volontà da parte di Pechino di arrivare a un possesso di almeno il 60% dei cavi sottomarini globali entro il 2025.

Strumento cardine di questa strategia è la Digital Silk Road, creata nel 2015 e braccio tecnologico della Belt and Road Initiative (BRI). Attraverso la Digital Silk Road, che dal suo avvio ha previsto investimenti pari a 95 miliardi di dollari, la Cina intende aumentare il proprio peso politico, economico e tecnologico in particolare nei Paesi in via di sviluppo, Asia meridionale e Africa. 

Attraverso la costruzione di infrastrutture digitali (tra cui reti 5G, cavi, sistemi di storage dei dati) in questi Paesi, la Cina inoltre ha come obiettivo finale quello di imporre i propri standard tecnologici a livello internazionale, una sfida diretta in particolar modo agli Stati Uniti. Le due principali aziende cinesi attive nel settore sono la Hentong e Huawei Marine che hanno costruito uno dei più importanti cavi a livello internazionale, il cavo sottomarino PEACE, un’infrastruttura lunga 12.000 km che connette l’Europa, e in particolare la Francia, al Pakistan passando per il Golfo e il Corno d’Africa.

A tentare di porre un argine ai crescenti interventi cinesi, i Paesi del G7 hanno concordato di avviare il Build Back Better for the World al Vertice G7 del 2021 in Cornovaglia, un’alternativa occidentale per i Paesi in via di sviluppo agli investimenti infrastrutturali cinesi. Gli investimenti del Build Back Better, che si prevede mobiliteranno centinaia di miliardi di dollari, hanno come obiettivo quello di offrire standard qualitativi, regolamentari, sociali e ambientali, differenti da quelli della Belt and Road cinese, anche per quanto riguarda gli investimenti in infrastrutture digitali.

Il ruolo sempre più importante è quello svolto dai privati
È il momento di Google, Facebook, Amazon e Microsoft, che hanno aumentato significativamente gli investimenti a partire dal 2016 e che oggi sono proprietari o utilizzatori di più della metà della capacità dei cavi sottomarini. Secondo stime recenti, Google possiede circa l’8,5% dei cavi sottomarini e il suo cavo più lungo, Curie, va dal Cile a Los Angeles. Google inoltre partecipa a consorzi sottomarini con altre società. Un altro progetto di spicco è costituito dal cavo Jupiter, dagli Stati Uniti all’Asia, costruito in partnership da Facebook e Amazon.

L’Europa
Quanto all’Europa, possiamo dire che non sta a guardare. Già nella Strategia Industriale del 2020, aggiornata a maggio 2021, così come ribadito nel Discorso sullo Stato dell’Unione della Presidente Ursula von der Leyen, l’autonomia strategica dell’UE è considerata un cardine fondamentale della strategia industriale, politica, economica e di difesa dell’UE. E, nel contesto dell’autonomia strategica, la sovranità digitale ne è una componente fondamentale. 

Tali investimenti non risultano tuttavia sufficienti se si vorrà arrivare a una completa transizione energetica e per creare un mercato integrato dell’energia euro-mediterraneo. In particolare, per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica e quelli previsti dalla Strategia europea per l’idrogeno, sarà essenziale l’apporto di energia rinnovabile dalla sponda sud del Mediterraneo e perciò un gran numero di nuovi cavi di interconnessione sottomarini saranno necessari.