La crisi del governo Draghi si è consumata in un pomeriggio che è sembrato non finire mai. Prima la fiducia ottenuta in Senato sul Dl Aiuti, con i 5Stelle che sono usciti dall’Aula, aprendo di fatto la crisi politica, poi la prima salita di Draghi al Colle per confrontarsi con Mattarella, dopo di che la riunione del Cdm, a margine del quale il Premier comunica la sua volontà di dimettersi, e infine la seconda salita al Quirinale per consegnare le dimissioni al Capo dello Stato, puntualmente respinte al mittente. La crisi, quindi, viene parlamentarizzata: mercoledì Draghi riferirà alle Camere per capire se la maggioranza sostiene ancora il Governo.
Gli scenari sono vari e complessi. È evidente che il Presidente della Repubblica vorrebbe tenere al suo posto il Presidente del Consiglio e vuole provare tutte le possibili soluzioni per convincerlo. E lo chiedono anche i mercati, come ha spiegato anche il The Wall Street Journal sul suo sito web proprio ieri pomeriggio, indicando Draghi come “l’unico in grado di ridare stabilità e crescita all’economia italiana, riuscendo in un’impresa in cui avevano fallito le varie classi politiche sin dagli anni ‘90”. Del resto la reazione della Borsa di Milano alla crisi di governo è stata drastica: il Ftse Mib ha perso il 3,44% a 20.580 punti, Milano è diventata la maglia nera in Europa. Ed è salito anche lo spread, che ha chiuso in rialzo a 223 punti base.
Da oggi a mercoledì ci sono cinque giorni in cui le forze politiche fedeli a Draghi, e soprattutto il Pd, proveranno a convincere Conte a un passo indietro. Diversamente si potrebbe lavorare a un Draghi-bis. Con una maggioranza orfana dei 5Stelle. E i numeri ci sarebbero. Al Senato, dopo le fuoriuscite di questi anni e la scissione ad opera di Luigi Di Maio, al Movimento sono rimasti 62 senatori su 315 totali. La maggioranza di governo, sottraendo gli esponenti M5s, a Palazzo Madama potrebbe contare su 204 voti. Un numero ampiamente al di sopra della maggioranza assoluta, fissata a 158. Alla Camera, dove ha pesato ancora di più la rottura di Insieme per il Futuro (che conta ben 53 deputati), il Movimento Cinque Stelle è il secondo gruppo più numeroso, con 104 parlamentari su 630. La maggioranza di governo, tolti questi, ne ha a proprio sostegno 456. Ancora una volta, si tratta di un numero ampiamente superiore alla soglia di maggioranza, che si ferma a 316.
In alternativa inizieranno le consultazioni. Una delle ipotesi è che Mattarella dia un mandato esplorativo ai Presidenti di Camera e Senato per sondare la possibilità di formare un nuovo governo. In caso di esito negativo il capo dello Stato scioglierebbe le Camere e si andrebbe invece al voto anticipato, con urne a settembre o, al massimo, a ottobre.
I partiti scaldano i motori e si cominciano a sfidare a colpi di dichiarazioni, mostrando spavalderia di fronte alla possibilità di un voto anticipato. Anche se, in realtà, la recente scottatura delle amministrative per molti di loro brucia ancora. In fondo un po’ di tempo in più per preparare la campagna elettorale farebbe comodo quasi a tutti, tranne che a Fratelli d’Italia.
Il problema è che il tempo, in questo particolare frangente storico, non può essere sprecato. Qualunque sia la formula istituzionale, bisogna fare presto, per dare risposte concrete e strutturali alle questioni più critiche: la guerra, la crisi energetica, l’interlocuzione con i sindacati sul tema del lavoro, l’inflazione galoppante, gli impegni del Pnrr. Il tutto in un contesto segnato dalle insidiose recrudescenze della pandemia.