Il settore europeo dell’Automotive è di fronte a una sfida epocale. Da un lato il rischio dei dazi americani, dall’altro la concorrenza potentissima della Cina che sull’elettrico è più avanti e dispone delle materie prime necessarie. I dati di immatricolazione in Italia a febbraio hanno registrato un calo del 6,2% e in generale nel nostro Paese la vettura elettrica stenta a decollare: nel 2023 risulta essere solo il 4% del venduto contro il 15% della media europea e il 30% della Germania. Sul contesto forse pesa la disparità di politiche fiscali, in Italia sull’elettrico c’è l’iva piena al 22%.
L’Ue rivede la tabella di marcia
Tutti segnali che hanno portato la Commissaria europea Ursula von der Leyen ad annunciare una proroga dei tempi di adeguamento agli standard di emissioni per le aziende automobilistiche, spostando la scadenza di tre anni e dunque ritardando il rischio di incorrere in sanzioni. Oggi von der Leyen svelerà la rimodulazione del piano europeo per l’auto, e già si prevedono incentivi armonizzati a livello Ue (dedicati anche alla crescita delle infrastrutture di ricarica), supporto allo sviluppo di batterie e la cancellazione delle multe, nel 2025, per i veicoli immatricolati che emettono 94 grammi di CO2 per chilometro. Al momento, però, non c’è la cancellazione del termine al 2035 della produzione di auto termiche.
Le disparità peseranno ancora
L’azione europea basterà a invertire la tendenza del mercato e le difficoltà delle aziende? Secondo Alessio Casonato, Direttore commerciale di Agenzia Italia, intervenuto a “Largo Chigi”, il format in onda su Urania Tv, «il Piano d’azione UE per l’automotive non è sufficiente per arginare il fenomeno della concorrenza cinese, che mette sul mercato automobili con un costo inferiore anche del 10-15%. La nostra industria ha fatto passi da gigante in questi anni, ma quando parliamo di fabbriche di batterie in Europa intendiamo assemblaggio di basi fatte in far east. Noi non abbiamo raffinazione di terre rare, dobbiamo importarle, per questo i prezzi delle nostre auto sono più alti. Se aggiungiamo, con riferimento all’Italia, che gli stipendi medi non sono aumentati con la stessa velocità del costo delle auto, sembra evidente che in Europa il numero di immatricolazioni del 2019 non lo vedremo mai più».
Casonato ha aggiunto: «In Italia la riformulazione del fringe benefit ha creato l’effetto contrario a quello sperato. E poi non esistono particolari misure per la deducibilità o detraibilità per l’acquisto di auto nuove. Andrebbe fatto un ragionamento su tecnologie e fiscalità a più ampio respiro e poi, auspicabilmente, inserirlo all’interno di un quadro europeo, in modo da avere maggiore uniformità normativa. Tutta la filiera automotive in Italia è pronta per un tavolo tecnico politica-industria per ragionare».
Cercasi politica industriale europea
A “Largo Chigi” c’è anche chi resta convinto che l’orizzonte europeo per l’Automotive sia sostanzialmente giusto, seppur bisognoso di adattamenti alle circostanze. Così Vinicio Peluffo, Capogruppo PD in Commissione Attività Produttive della Camera: «Credo che gli obiettivi di decarbonizzazione vadano mantenuti, il vero problema è la competitività del comparto. Noi oggi siamo scesi ad un quinto delle immatricolazioni a livello globale, la Cina prima produceva il 4% delle vetture, oggi il 32%. Oltre all’aspetto dell’elettrificazione siamo indietro sull’auto connessa e smart grid. Il tema quindi è quello di un piano europeo di politica industriale, con un Fondo per gli incentivi e gli investimenti, fissando gli indirizzi sistemici che poi si mettono in pratica con politiche industriali nazionali. L’Italia aveva già un problema di mancati investimenti e i biocarburanti restano una soluzione di nicchia. Per quanto riguarda i parametri europei, era giusto rimodularli perché il 2025 sarà un anno difficile».
Il vincolo al 2035 va tolto?
Critico il deputato di Forza Italia Luca Squeri, Segretario Commissione Attività Produttive alla Camera, che nel talk ha detto: «In Italia il consumo dell’energia è diviso in tre domande: il termico (residenziale e industriale) per il 50%, la produzione di corrente elettrica per il 23% e la mobilità per il 27%: ora, quella quota del 23% è prodotta attualmente per il 65% da fonti fossili. Per cui, prima di decarbonizzare questo 65% che serve a produrre la nostra corrente elettrica, ci si è accaniti sul 27% relativo alla mobilità provocando la distorsione dei risultati che tutti conosciamo. C’è una ragione per cui gli italiani scelgono le auto ibride: perché forzare il mercato senza tenere conto del volere dei consumatori porta alla crisi attuale del settore. Dunque oggi, è positivo che si rimetta mano con il Piano d’azione europeo sull’automotive, ma non basta: il primo passo è quello di diluire questo vincolo di emissioni che avrebbe determinato multe già attive dal 1 gennaio 2025 – devastanti per le case automobilistiche – ma il vero cambiamento da realizzare, è introdurre il concetto di neutralità tecnologica, togliendo quel vincolo relativo alle auto elettriche, fissato al 2035».
La puntata integrale di Largo Chigi
