Lavoro

Pensioni, Ocse: si avranno più tardi e più vecchi. Bilanci a rischio

19
Febbraio 2024
Di Giampiero Cinelli

In occidente declino demografico, aumento dell’aspettativa di vita ed efficienza sanitaria determineranno una situazione problematica nella previdenza. Lo mostra l’ultimo rapporto Ocse sulle pensioni, “Pensions at a Glance 2023 and G20 Indicators”. La percentuale di persone di età pari o superiore a 65 anni è destinata a salire dal 18% nel 2022 al 27% entro il 2050, la preoccupazione va quindi alla sostenibilità dei conti nel lungo periodo e la posizione dell’ente, nel comunicare lo studio, è quella di aumentare gli anni di lavoro, alzando l’età pensionabile. Tuttavia ciò è poco fattibile rispetto ai lavori manuali, per i quali spesso si fa fatica a trovare manodopera, e può limitare l’ingresso di nuovi addetti.

Il tasso di ritiro dal lavoro, in 23 dei 38 Paesi membri, è previsto in aumento, arrivando a una media di 66.3 per gli uomini e di 65.8 per le donne se si inizia oggi la carriera. Ma in Italia, Danimarca, Svezia, Estonia e Olanda la normale età di ritiro raggiungerà anche i 70 anni o più, se i calcoli sull’aumento dell’aspettativa e i progetti legislativi a questa connessi si concilieranno. Inoltre, come assicurarsi l’occupazione della fascia tra i 55 e i 64 anni? Nonostante questa abbia raggiunto nel secondo trimestre del 2023 un tasso di occupazione record pari al 64% (8% in più rispetto a dieci anni fa), è difficile mantenere il posto di lavoro davanti all’obsolescenza delle competenze, l’accesso limitato al lavoro e le potenziali inadeguatezze pensionistiche, osserva l’Ocse.

Per quanto riguarda l’Italia, di questo passo e con le regole previdenziali attuali, i giovani che cominciano a lavorare adesso andranno in pensione non prima dei 71 anni di età anagrafica. Se non ci saranno cambiamenti e modifiche radicali al sistema previdenziale del nostro paese, e a causa del frequente ingresso tardivo nel mondo del lavoro e dei bassi salari, il trattamento pensionistico rischia di essere troppo vicino a quello della soglia di povertà.

Nel nostro Paese, ad oggi, l’ingente spesa pensionistica, destinata a salire, non riesce ad essere coperta interamente dalle entrate derivanti dai contributi dei lavoratori, che rappresentano solo l’11% circa del Pil e di conseguenza c’è bisogno di ingenti finanziamenti da parte dalla fiscalità generale (quando non è anzi una copertura di indebitamento).

Il quadro allarma ancora di più se pensiamo che i 18-34enni sono poco più di10 milioni, il 17,5% della popolazione, mentre nel 2003 superavano i 13 milioni. Nel 2050 saranno poco più di 8 milioni, appena il 15,2% del totale. Senza un miglioramento della curva demografica, l’Ocse sostiene che interventi drastici potrebbero rivelarsi inevitabili.

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