Quando si parla di codice dei contratti pubblici, passato alle cronache come codice degli appalti, c’è sempre un brivido che percorre la schiena degli interlocutori. Si perché il tema è di quelli per cui si sa quando si inizia a parlarne ma non si sa quando si potrà finire. In questo caso, però, il Governo e il Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini sembrano avere le idee chiare e stanno cercando di far di tutto affinché i tempi siano certi e le scadenze date rispettate.
Era il 16 dicembre quando il Vicepresidente del Consiglio, in conferenza stampa, esprimeva tutta la sua soddisfazione per aver rispettato l’obiettivo di semplificare, velocizzare e sburocratizzare, con grande attenzione per i Comuni, soprattutto quelli più piccoli. “È una vittoria – commentava Salvini – perché significa più lavoro per le aziende e tempi più brevi per la realizzazione di opere a favore dei cittadini e delle piccole comunità locali”. Questo mese di gennaio è stato il mese del lavoro nelle commissioni di camera e senato impegnate in audizioni e nell’elaborazioni di eventuali osservazioni da trasmettere al Governo entro l’8 febbraio. A quel punto il Governo avrà tempo fino al 31 marzo per valutare il lavoro dei due rami del Parlamento e poi pubblicarlo in Gazzetta Ufficiale.
La proposta di delibera al vaglio delle commissioni ha riscontrato una generale soddisfazione da parte delle realtà audite che non hanno però mancato di segnalare qualche suggerimento di modifica. “Pur concordando con la necessità che la norma venga approvata entro il 31 marzo 2023, proponiamo che si valuti uno slittamento dell’entrata in vigore, supponendo gennaio 2024, per dare modo al mondo delle imprese e delle stazioni appaltanti di assimilare le varie modifiche, che vanno nell’ordine di un sistema più compatto che guarda a una forte digitalizzazione e a una semplificazione”, è stata la richiesta di Tiziana Carpinello, Presidente di Unionsoa, l’Associazione nazionale società organismi di attestazione. In effetti stiamo parlando di un documento che dal 2016 al 2022 ha subito ben oltre 800 modifiche. Solo l’articolo 36 (relativo ai contratti sotto soglia) ha conteggiato 16 cambiamenti. Mentre orientarsi nella disciplina è da emicrania: dal Regio Decreto del 1869 ai decreti Pnrr si contano più di cento fonti. Potrebbe starci, dunque, concedere qualche mese al settore per adeguarsi a questi nuovi cambiamenti.
“Il giudizio sul Codice degli appalti è molto positivo. Apprezziamo soprattutto la parte sulla digitalizzazione, ma esistono alcuni punti critici su cui è importante intervenire”, ha detto Giuseppe Busia, Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione. “Il testo prevede l’innalzamento della soglia da 150 a 500 mila euro. Questo comporta un aumento dei soggetti non qualificati o delle gare svolte da soggetti non qualificati del 65%. Sul totale degli affidamenti, circa il 90% rimarrebbero affidati a soggetti che non necessariamente sanno comprare. Riteniamo dunque che sia opportuno ripristinare la soglia di 150 mila euro”, ha fatto notare Busia tra gli aspetti da sistemare.
Ad evidenziare alcuni punti su cui fare chiarezza la Presidente dell’Associazione nazionale costruttori, Federica Brancaccio: “Il Codice sta optando per rendere stabili le procedure emergenziali introdotte con il decreto semplificazione, rendendo possibile utilizzare le procedure ordinarie solo sopra 1 mln di euro e solo se tale scelta venga accompagnata da adeguata motivazione. Si tratta però di una soglia eccessivamente elevata che rischia di azzerare il mercato e che è in contraddizione con il principio di concorrenza e trasparenza”.
Sullo sfondo, un tema che accomuna tutti. La necessità di accelerare la digitalizzazione nel nostro Paese e, nel caso specifico, nel mondo dei contratti pubblici. Se per le associazioni di categoria degli organismi di attestazione bisogna spingere per introdurre il principio del once-only rafforzando lo strumento del fascicolo virtuale dell’operatore economico; per ANAC la digitalizzazione di tutte le procedure di gara, dall’inizio alla fine, è elemento essenziale per garantire efficienza e trasparenza; ANCE, dal canto suo, evidenzia anche “l’assenza di certezza in relazione alle precondizioni che il Consiglio di Stato individua come determinanti per la concreta attuazione della riforma: formazione della Pa, digitalizzazione e qualificazione delle stazioni appaltanti.
Il tempo passa veloce e il ministro Salvini non perde occasione per ricordare che entro il 31 Marzo il testo definitivo della riforma del codice degli appalti verrà approvato. Che sia la volta buona che si riesca a stabilire regole certo e dare stabilità al settore?