Lavoro

Lavoro, Orlando: formazione continua. Quota 100 flop, ma possibile ridurre ore

29
Giugno 2022
Di Giampiero Cinelli

Un format per parlare di lavoro. Di come sta cambiando e di come renderlo migliore adattandosi ai cambiamenti, senza essere però troppo passivi. Questi e tanti altri i temi nel talk organizzato da EY, a cui ieri hanno preso parte il ministro del Lavoro Andrea Orlando e Francesco Starace, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Enel.

Uno sguardo generale è stato rivolto alle opportunità, ma anche ai problemi, della digital transformation, dell’obsolescenza delle competenze e della demografia in calo. Elementi che assieme possono risultare molto ostici per il mercato del lavoro italiano. Secondo il ministro Andrea Orlando la soluzione è l’investimento in formazione del personale, che d’ora in poi dovrà essere continuo e permanente, abbandonando l’idea tradizionale della sequenza studio-formazione-lavoro. «Bisognerà iniziare a fare le prime esperienze lavorative mentre si studia e continuare a formarsi durante la carriera lavorativa – ha detto Orlando – e in tal senso è importante consolidare il job placement fatto dalle università. Per la formazione degli addetti stiamo rifinanziando il Fondo Nuove Competenze. Molto apprezzato e richiesto dalle imprese. Stavolta però dovranno esserci più controlli e paletti, in modo che non venga utilizzato come un’ammortizzatore mascherato». Il ministro crede che attualmente in Italia vi sia un sottoutilizzo precoce dei lavoratori. Ritenendo sbagliato che a 50 anni un lavoratore si senta già marginalizzato. «Certo è vero che ad oggi molte competenze stanno diventando e diventeranno inutili, questo dobbiamo dirlo con sincerità, ma non per questo va persa la speranza di imparare ancora cose nuove quando non si è più giovanissimi. Del resto è necessario nel mondo del lavoro odierno. Ma vedo che c’è poca fiducia nel reskilling (nel riqualificare).

Sul tema delle “grandi dimissioni”, la Great Resignation americana, Andrea Orlando risponde che in Italia i numeri non sono paragonabili, seppure il fenomeno ci sia stato. Ma si tratta per noi di un fatto un po’ diverso. Più precisamente molte persone hanno scelto di ridurre il loro orario di lavoro o di alternare con lo smart working, soprattutto decidendo di stabilirsi in località più a misura d’uomo, dove c’è una migliore qualità della vita. «Ma sia chiaro – ha specificato il ministro – che sono tendenze riscontrabili quasi interamente nella fascia di lavoratori più giovani impiegati nei settori con maggiore tecnologia. Va comunque preso atto che adesso una larga fetta di persone preferisce lavorare meno o abbandonare i grandi centri nevralgici pur di stare meglio, consapevoli del fatto che in Italia in molti settori ci sono salari bassi o retribuzioni per metà in nero (circa 3,2 milioni gli irregolari). E Quota 100? Non ha funzionato per Andrea Orlando, perché era adatta solo per i dipendenti delle grandi aziende, capaci di sviluppare il tasso di sostituzione auspicato. Il ministro ha detto che al massimo si può pensare di ridurre le ore dei lavoratori vicini alla pensione, ma di presenza e impegno c’è comunque bisogno.

L’Ad di Enel Francesco Starace ha avvertito sulle tendenze sociali che vedremo nei prossimi tre decenni. sempre più persone si sposteranno nelle grandi città e continuerà lo spopolamento dei piccoli paesi. Ecco perché è fondamentale un potenziamento delle infrastrutture che punti alle emissioni 0. Servono grandi investimenti sull’innovazione delle reti elettriche, che dovranno essere capaci di raccogliere dati. Enel si sta già muovendo, nel contesto del Pnrr. Ma i progetti hanno bisogno di personale. E spesso il difetto delle piccole aziende, osserva Starace, è non saper prevedere e quantificare il bisogno futuro di personale per portare avanti un piano. Così Starace: «I progetti del Pnrr necessitano di 10.000 tecnici in più. Noi ne stiamo già formando 4.500 e puntiamo di arrivare alla cifra che ho detto prossimamente. Molti di quelli che formeremo non saranno neppure impiegati da Enel ma da altre società. Noi però diamo supporto alla realizzazione complessiva del Piano di Ripresa e Resilienza. Proprio perché, come è stato detto, sappiamo che molte competenze non serviranno più ma per un futuro dovremo disporne di altre».

Massimo Antonelli, Ceo di EY Italia, ha parlato dell’Hub creato da EY a Bari. Ora ha all’interno 500 persone e conta di giungere a 1.500. Antonelli ha posto l’accento sul reskilling e sulla riduzione del mismatch tra competenze possedute e competenze richieste, tema per cui le aziende dovranno riorganizzarsi, spiegando inoltre come alcuni studi evidenzino un aumento della produttività con la riduzione dell’orario lavorativo a parità di salario.

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