Lavoro
Information Technology, boom di assunzioni ma l’Italia è indietro
Di Giampiero Cinelli
Data science, cybersecurity, blockchain, intelligenza artificiale e machine learning. Tutto questo può essere raggruppato nella definizione di Information Technology (IT), un versante oggi in continua evoluzione che può dare carriere lavorative durature e soddisfacenti. Infatti, secondo le previsioni di Unioncamere-Anpal, Sistema Informativo Excelsior, nel periodo 2023-2027 le aziende italiane faranno registrare un fabbisogno occupazionale complessivo di circa 3.800.000 unità pari a circa 760.000 nuove entrate all’anno. Relativamente al settore italiano dell’informatica e delle telecomunicazioni, il Sistema Informativo Excelsior prevede, per i prossimi quattro anni, un fabbisogno di 72.600 unità.
Quali mansioni
Le figure professionisti maggiormente ricercate sul mercato italiano risultano essere gli Ict security manager, i cybersecurity architect, gli sviluppatori, i business intelligence analyst e i network engineer, ma anche professionisti legati al cloud e specialisti del mondo Sap ed Erp.
Il mismatch tra domanda e offerta
Tuttavia si può ravvisare ancora uno squilibrio tra il fabbisogno occupazionale delle imprese e il reale numero di professionisti e manager IT esistenti. Secondo le stime del Sistema Informativo Excelsior, nel prossimo trimestre le aziende incontreranno una difficoltà di reperimento pari al 55,3% delle assunzioni programmate, rendendo maggiormente complesso il processo di ricerca e selezione di professionisti appartenenti al segmento Information Technology.
Per ovviare, molte aziende si rivolgono a società di recruiting specializzate e in grado di supportarle nel delicato processo di ricerca di professionisti IT qualificati, in tempi brevi e in modo efficace. Un modo molto utile per soddisfare le proprie esigenze potrebbe essere quello di chiedere, da parte delle aziende, una attività di selezione personalizzata. Ad ogni modo, perché persiste nel Paese questo problema e a cosa è legato? All’insufficiente tasso di digitalizzazione che si coniuga con la poca disponibilità di personale apposito.
La situazione italiana
Come fa notare il sito di ricerca e analisi economica Lavoce.info, l’Italia nel 2022 era al diciottesimo posto in Ue nella classifica di digitalizzazione, con un punteggio di 49,3 contro la media Ue di 52,3. In particolare, sono critici i risultati ottenuti per l’indicatore che si riferisce al capitale umano: nel 2021, meno della metà degli individui (46%) era in possesso perlomeno di competenze digitali di base, un dato inferiore alla media europea (54%) e solo il 22% possiede competenze avanzate. I laureati con un percorso ICT sul totale dei laureati sono l’1,3% e questo genera una sacca di disoccupazione legata a settori ad alta specializzazione che non è meno importante della disoccupazione generale, determinando anche maggiore vulnerabilità ad attacchi informatici. Ovviamente un coinvolgimento maggiore delle donne in questi ambiti può giovare e si auspica che l’Agenda Digitale europea e il Pnrr possano in parte colmare le carenze.