Lavoro
Il public affairs nel settore del gioco. Intervista con Alberto Giorgetti (IGT)
Di Andrea Sivo
«La principale sfida è quella di proseguire nel garantire un’offerta di gioco responsabile e ampia, con prodotti sicuri ed erogata da una rete di punti vendita qualificata», questo è l’obiettivo costante del principale player nazionale nel mondo del gioco, IGT. A spiegarlo è Alberto Giorgetti, Direttore delle relazioni istituzionali dell’azienda, un manager navigato ed esperto, con una significativa esperienza istituzionale alle spalle (già Sottosegretario all’Economia nel 2008 e nel 2013). Giorgetti conosce molto bene il settore, la sua dimensione socioculturale, le sue contraddizioni. Per questo è una delle persone più indicate per sapere come si sta evolvendo nel suo campo la funzione del public affairs, alla luce dei grandi cambiamenti globali e nazionali degli ultimi anni, dalla pandemia al ritorno della politica dopo i governi tecnici e di unità nazionale. Con un occhio anche alla legge di bilancio in via di approvazione
Il vostro è un settore di grande rilevanza economica, di radicata tradizione storica, ma allo stesso tempo di forte impatto sociale e di conseguenza spesso al centro del dibattito politico. Cosa comporta questo nella gestione delle relazioni istituzionali?
«Le relazioni istituzionali risultano maggiormente complesse perché la sensibilità sociale attorno al tema del gioco d’azzardo è tale per cui, anche le istituzioni che devono regolarlo, affrontano l’argomento con una comprensibile incertezza. Proprio per questo la nostra attività è prioritariamente orientata a rappresentare gli elementi di caratterizzazione oggettiva del mercato del gioco e della sua filiera di erogazione. Spetta poi al decisore politico fare le valutazioni più opportune in base alla propria visione, identità e cultura».
Quali sono stati i momenti professionalmente più delicati da quando è a capo delle relazioni istituzionali di IGT? E come sono stati superati?
«Il momento professionalmente più delicato è stato il periodo della pandemia, in cui la rete fisica è stata chiusa per molti mesi e la percezione della crescita del gioco illegale non è stata sufficientemente alta da poter sbloccare in modo più rapido la riapertura della rete. Pur comprendendo le motivazioni di tutela della salute pubblica, che hanno portato molte attività produttive del Paese ad un lungo periodo di chiusura nel periodo emergenziale, la mancata previsione di forme di mantenimento di apertura del settore compatibili con la sicurezza, la salvaguardia della salute pubblica ed il presidio contro l’illegalità hanno determinato un danno non solo ai giocatori, ma anche alle famiglie e all’erario».
In che modo la pandemia ha condizionato i processi di public affairs nel vostro settore?
«La pandemia ha ulteriormente stimolato l’innovazione nell’industria del gioco legale pubblico per ridurre gli assembramenti e i tempi di presenza nei punti vendita, oltre che a sviluppare forme di smaterializzazione dei documenti di gioco, spesso abbinati a forme di esperienze digitali innovative; stimoli che sono andati anche nel senso di una protezione maggiore del giocatore e della tracciabilità dei flussi finanziari. Pertanto, i processi di public affairs hanno dovuto tenere conto di queste trasformazioni, confermando la necessità di conseguire un riordino delle normative vigenti che regolamentano il settore anche alla luce delle più recenti innovazioni tecnologiche».
Lei è approdato al settore del gioco dopo una lunga esperienza in altri campi e dopo un’autorevole “parentesi” istituzionale. Quanto le è stato utile il suo vissuto per la sua attuale attività?
«La forza dell’esperienza istituzionale sta nella capacità di porsi in un’ottica non esclusivamente “aziendalistica” ma rappresentando una visione che è insita nel concetto stesso di potere pubblico traslato dallo stato ad un soggetto privato, che assume il ruolo di concessionario. Sono convinto che con questo approccio si riesca ad esercitare un buon servizio allo stato ed al mondo privato che lo rappresenta nell’erogazione di questo servizio così sensibile».
Quanto è importante la comunicazione nelle vostre strategie di public affairs?
«La comunicazione è importante soprattutto per rappresentare le buone prassi adottate dalla nostra azienda per la difesa del consumatore, in particolar modo dei minori e dei soggetti deboli, e per raccontare le iniziative e le prospettive del settore all’insegna della sostenibilità».
Il settore del gioco è sottoposto a un sistema normativo spesso disomogeneo, con molte regioni che hanno adottato una normativa non in linea con quella nazionale. Cosa comporta questa particolarità nel vostro lavoro?
«Nel nostro lavoro questa particolarità è diventata, nei fatti, un pericoloso ostacolo alla sopravvivenza del gioco legale pubblico. Si tratta, quindi, di una questione relativa alla sicurezza del sistema-Paese nei confronti dell’erogazione di un prodotto ad elevato impatto sociale. Una disomogeneità così evidente non consente ai concessionari di poter esercitare i diritti acquisiti e lascia ampio terreno di sviluppo ad un territorio non presidiato, in cui l’offerta di gioco illegale rischia di essere più attrattiva e raggiungibile di quella legale. Pertanto, più che per noi aziende concessionarie, si tratta di un problema per lo Stato».
Tra l’altro, lei ha conosciuto varie epoche politiche. Il cambiamento della dialettica e della postura della politica, sostanzialmente determinato dall’avvento del Movimento 5 Stelle e dalla rivoluzione culturale che ne è conseguita, ha modificato il lavoro del Public affairs?
«Non ho riscontrato vere necessità di discontinuità, poiché, nei fatti, ciò che è accaduto è assolutamente identico alle precedenti fasi politiche. Infatti, il settore è stato preso in considerazione dall’autorità politica solo nel momento in cui vi sono state esigenze di maggiori entrate per il bilancio dello stato. Quindi, sono cambiati gli scenari politici, ma l’esito per il settore è sempre lo stesso».
Proprio in questi giorni è in corso il dibattito parlamentare sulla nuova legge di bilancio, la prima di un governo politico dopo anni di esecutivi tecnici o di unità nazionale. Ha riscontrato un approccio culturale differente verso il vostro settore?
«La parte normativa prevista all’interno del disegno di legge di bilancio 2023 consiste sostanzialmente in un intervento che è andato oltre il perimetro dell’urgenza e delle scadenze imminenti delle concessioni del gioco pubblico. Ad ogni modo, si tratta di una misura che non è in grado di esprimere un disegno politico e strategico sul settore basato almeno su una prospettiva quinquennale. Apprezzo comunque lo sforzo di non ricorrere a tassazione aggiuntiva, per il momento. Attendiamo, però, le future iniziative per dare un giudizio più puntuale».
Quali sono le grandi sfide per la vostra realtà nel futuro prossimo?
«La principale sfida è quella di proseguire nel garantire un’offerta di gioco responsabile e ampia, con prodotti sicuri ed erogata da una rete di punti vendita qualificata. Quest’ultima rappresenta un presidio fondamentale di presenza dello stato, anche in realtà territoriali minori. IGT prediligerà le scelte di natura sostenibile per i suoi processi industriali, per i propri collaboratori e per tutti i consumatori che potranno avvicinarsi ad un intrattenimento a basso rischio e con esperienze innovative possibili grazie alle nuove tecnologie. Una IGT che cresce all’insegna di suddetti principi rappresenta anche una garanzia fondamentale di crescita delle entrate per l’erario e di valorizzazione delle concessioni che le sono state affidate».