Il lavoro è la base fondativa della nostra Costituzione, il valore primario su cui tutte le latitudini politiche che scrissero la nostra Carta identificarono la sostanza della nostra democrazia. Ma siamo onesti, se le tutele dei lavoratori si sono via via estese in questi decenni grazie a lotte e conquiste importanti, il diritto al lavoro è stato ed è sconosciuto a molti, e ciò rappresenta una grave questione sociale. C’è una parte significativa di persone che non lavora per tutta la propria vita. Dunque è giusto prevedere forme e misure di sostegno e di protezione che garantiscono la “cittadinanza” a tutti (correggendo le distorsioni e i limiti dell’attuale regime, non abolendolo). Ma è ancora più giusto creare lavoro in un tempo in cui i fattori recessivi indotti dai conflitti in corso e la ripresa dell’inflazione stanno producendo una restrizione della crescita economica e un aumento della disoccupazione e delle diseguaglianze.
Occorre una chiara e non altalenante politica di sostegno pubblico di stampo keyneisiano, come era negli intenti preziosi del Piano di Ripresa e di resilienza dell’Unione europea e con una maggiore capacità di selezionare e condividere gli interventi lungo le direttrici di sviluppo che si sono scelte, a partire dalla doppia transizione ecologica e digitale. È storia vecchia: dalla Cassa per il Mezzogiorno ai fondi strutturali europei, oggi al PNRR , non si è mai riusciti fino in fondo ad evitare la polverizzazione della spesa che è la causa prima della sua ininfluenza sul piano della incidenza strutturale ed occupazionale. E poi serve, last but not least, più sicurezza sui luoghi di lavoro e un incrocio quasi mai riuscito tra domanda e offerta di lavoro. Trovo triste e sconcertante incontrare spesso nello stesso giorno, giovani in cerca di lavoro e imprese in cerca di profili professionali. L’incontro non avviene un po’ perché non c’è una adeguata comunicazione e molto perché la formazione è lontana dai profili professionali richiesti oggi dal sistema delle imprese, dagli enti pubblici e dal mondo del no profit. Se vogliamo dare un senso a questa giornata, che non sia solo il ricordo e men che meno la retorica, dobbiamo agire affrontando e sciogliendo questi nodi essenziali.