Lavoro
I nuovi processi produttivi? Più consumers friendly. Scialdone: «Con il dialogo si può»
Di Alessandro Caruso
Creare prodotti e servizi che siano consumers friendly by default, questa la mission del Consumer Empowerment Project, il progetto che l’avvocato Marco Scialdone sta costruendo a livello internazionale. Un metodo nuovo di tutelare i consumatori, che prevede di entrare direttamente nel mondo produttivo per affrontare il problema alla radice. Per innestare questa nuova filosofia servono anche iniziative come la Consumers leadership academy e il Consumer Digital Empowerment Index, tutti metodi di sensibilizzazione rivolti alle imprese, alle istituzioni e non solo. Quello che conta è il dialogo: «Abbiamo scelto di praticare il dialogo – spiega Scialdone a The Watcher Post – prima ancora di chiedere agli altri di farlo».
Il dialogo come principale ingrediente per costruire un sano mercato post-Covid, questa la mission del Consumer Empowerment Project. Come è nata questa iniziativa?
«Al centro di questo progetto c’è l’idea di creare un dialogo aperto e costruttivo sui diritti dei consumatori, mettendo attorno al medesimo tavolo soggetti che spesso hanno avuto posizioni divergenti. Riteniamo questa diversità sia un valore da coltivare, come del resto suggerisce anche la nuova agenda europea dei consumatori. Il Consumer Empowerment Project rappresenta l’evoluzione di un progetto interno di Euroconsumers, che all’epoca avevamo chiamato “University of Consumption”: ci sembrava vincente l’idea di rendere più forti i consumatori attraverso una maggiore consapevolezza circa i loro diritti. Questo progetto si è poi incrociato con un’iniziativa simile che Google voleva realizzare e così abbiamo deciso di unire le forze ben consapevoli della distanza che ci separa su molte questioni. Gandhi diceva “Sii il cambiamento che vuoi vedere accadere nel mondo”. Noi abbiamo scelto di praticare il dialogo prima ancora di chiedere agli altri di farlo».
Come è possibile creare e mappare una rete di consumatori globale?
«Esistono già reti di consumatori a livello globale: un’organizzazione internazionale come Consumer International svolge egregiamente questo ruolo da anni, così come lo fa il BEUC a livello europeo. Con il Consumer Empowerment Project noi abbiamo deciso di muoverci su una linea totalmente differente. Non ci interessa restare confinati nel recinto del consumerismo, ci interessa aprirci all’industria e alla società civile per provare a creare insieme prodotti e servizi che siano consumers friendly by default».
Consumer leadership academy, di che si tratta?
«La Consumer Leadership Academy (CLA) è un corso full immersion, totalmente gratuito, progettato per stimolare una discussione informata sulle questioni principali sul futuro del consumerismo, con un’attenzione particolare alla trasformazione digitale e alla sostenibilità. È un corso ad inviti, con una classe ristretta di 15-20 partecipanti, tutti appartenenti al mondo del public policy o delle istituzioni. La prima edizione, che partirà il 28 giugno, è stata realizzata in collaborazione con SDA Bocconi. È già prevista una seconda edizione che si svolgerà il prossimo anno a Madrid presso la IE Law School. Avremo tra i nostri docenti illustri esponenti del mondo accademico e rappresentanti di imprese ed istituzioni».
La transizione digitale ha determinato nuove esigenze per la tutela dei consumatori?
«Sicuramente la transizione digitale ha portato il consumatore a familiarizzare con un nuovo linguaggio, una nuova grammatica, che è quella dell’innovazione. Da qui l’importanza delle competenze digitali per poter disporre di una cassetta degli attrezzi di base che consenta di operare con sicurezza e tranquillità nel contesto online. Non a caso tra le iniziative del Consumer Empowerment Project c’è il gioco Space Shelter attraverso il quale è possibile acquisire alcune nozioni di base sulla sicurezza informatica in modo semplice e divertente».
A proposito di digitale, il CEP prevede anche la creazione del Consumer Digital Empowerment Index. Di che si tratta?
«L’indice è una delle iniziative del CEP e fornirà contributo significativo per comprendere a quale tipo di servizi digitali i consumatori sono in grado di accedere e come valutano tali servizi in base a una serie di criteri chiave. L’indice prenderà in considerazione 10 paesi europei (Belgio, Italia, Spagna, Portogallo, Polonia, Bulgaria, Germania, Francia, Svezia e Danimarca) così da fornire una panoramica comparativa e fungere da fonte autorevole su come i consumatori utilizzano i servizi online in diverse aree geografiche. Il nostro obiettivo è di aggiornare l’indice con cadenza annuale per tenere traccia dei progressi e fornire uno strumento utile per i decisori politici, le autorità di regolamentazione e le altre parti interessate».
Come è nata l’idea del “My Data is Mine Award”? Quali sono le finalità culturali e “politiche” di questa iniziativa?
«”My data is mine Award” nasce nel 2020 come follow-up della My data is Mine declaration lanciata da Euroconsumers nel 2017. Il premio ha lo scopo di supportare giovani studiosi con un approccio innovativo ai problemi della data protection. La terza edizione, che si svolgerà a Lisbona durante il Web Summit, è dedicata all’analisi delle migliori opportunità, dal punto di vista normativo e tecnologico, per liberare il potenziale della data-driven innovation. Dovrebbe, in effetti, essere un obiettivo comune per tutti gli stakeholder coinvolti rimuovere gli ostacoli allo sviluppo dell’economia dei dati, nel rispetto dei diritti fondamentali, in modo che tutti possano beneficiare della rivoluzione digitale. La call for papers è già disponibile sul sito del CEP e c’è tempo fino al 30 settembre per presentare il proprio contributo: il vincitore avrà la possibilità di presentarlo sul palco del Web Summit a Lisbona ad inizio novembre, oltre a ricevere un premio in denaro di 1000 euro. Stiamo anche lavorando ad un volume che sarà pubblicato nel 2023 in cui questi contributi, insieme a quelli di altri studiosi, saranno raccolti e resi disponibili in modalità open access».