Fill the gap / Lavoro

Giovani e lavoro, le differenze generazionali. Lo studio di Valore D

12
Marzo 2024
Di Alessandro Caruso

Uno studio per analizzare il rapporto delle nuove generazioni con il mondo del lavoro. Lo ha condotto Valore D ed è stato presentato oggi nella Biblioteca della Camera, intitolata a Nilde Iotti, nella sontuosa cornice della Sala del Refettorio. Un’iniziativa, sostenuta e promossa dal vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, che ha permesso di ragionare sullo studio che ha coinvolto oltre 18.000 lavoratori e lavoratrici del network delle aziende associate a Valore D ed è andato a indagare la realtà delle quattro generazioni attualmente attive nel mercato del lavoro: Baby Boomers (BB), Gen X, Millennials e Gen Z. Scopo del progetto è delineare non solo “quanta” e “quale” diversità̀ generazionale è presente nelle imprese italiane, ma anche comprendere le differenze e i punti di contatto tra le generazioni per coinvolgere le organizzazioni in azioni di inclusione e valorizzazione più̀ efficaci.

LO STUDIO
La ricerca condotta da Valore D va a scandagliare analiticamente la popolazione delle lavoratrici e dei lavoratori impegnati nel mondo del lavoro, fornendo un ritratto molto puntuale di un’ampia fascia di popolazione, dal punto di vista dell’inquadramento professionale, delle ambizioni, delle potenzialità e dei limiti. «La ricerca è un invito ad accogliere le sfide lavorando su bias di genere ed età, che sono molto radicati nella nostra cultura e limitano un ingaggio autentico ai valori DEI (Diversità, Equità, Inclusione) – ha commentato Cristiana Scelza, presidente Valore D -. Molte delle aziende del network Valore D hanno già iniziato un cambiamento a partire dalla messa in discussione di pregiudizi che rinforzano le disuguaglianze dentro e fuori il mondo del lavoro e che penalizzano in particolar modo i giovanissimi, i più senior e le donne». Al confronto su queste considerazioni hanno partecipato importanti top manager donne, tra cui Paola Accornero, HR Director & General Secretary di Carrefour Italia, Antonella Salvatori, Responsabile Direzione gestione e sviluppo risorse umane di Crédit Agricole Italia e Maria Enrica Danese, Corporate Communication & Sustainability Director di TIM. 

Generazioni e valori
La ricerca ci restituisce il punto di vista di una popolazione quasi esclusivamente nata e cresciuta in Italia in cui le nuove generazioni (GenZ e Millenial) sono maggiormente multiculturali, più formate accademicamente e con più esperienze di studio e lavoro e all’estero rispetto alle generazioni più senior. Nonostante ciò, i giovani vivono una condizione di forte precarietà contrattuale e vulnerabilità rispetto alle generazioni BB e Gen X. I giovani entrano nel mondo del lavoro portando una prospettiva diversa che si contraddistingue per il desiderio di coltivare altre dimensioni della vita personale, come la famiglia, gli amici e il tempo libero. Nella vita dei Gen Z il lavoro perde centralità. Questo non significa che il lavoro non sia rilevante, ma che è UNO degli aspetti da coltivare, insieme a famiglia, salute, amici, hobby e tempo libero: si tratta di uno spostamento valoriale importante, indicativo di un cambiamento culturale sostanziale che ha un impatto sulle scelte di carriera. Le donne, in particolare quelle delle Generazioni Z e Millennial, attribuiscono maggiore importanza al lavoro rispetto agli uomini. Smentendo quindi lo stereotipo che vuole gli uomini nel ruolo di «breadwinner», le donne si rivelano delle vere e proprie “equilibriste” che, per affermarsi nella sfera lavorativa senza rinunciare alla sfera familiare, sottraggono tempo al proprio benessere.

Foto di Simone Zivillica

I drivers generazionali
Copertura sanitaria e stabilità contrattuale sono in cima alla classifica dei driver più importanti per i più senior mentre nei Millenial e nei Gen Z prevale un aspetto esplorativo e l’importanza del worklife balance. Per le giovani generazioni la possibilità di ottenere congedi è un driver importante e chiedono sempre di più un riconoscimento della genitorialità che vada oltre gli stereotipi di genere e che consideri responsabilità e diritti di entrambi i genitori ed eviti ripercussioni negative, in particolare sulla carriera delle donne. Viaggiare e prestigio sociale sono in fondo alla classifica, considerati driver meno importanti per tutte e 4 le generazioni.  La motivazione a lavorare sulle proprie competenze accomuna tutte le generazioni ed emerge soprattutto nella Generazione Z. Il miglioramento e l’ampliamento delle competenze (upskilling) emerge in particolare nella Generazione Z che si rivela ambiziosa e desiderosa di apprendere di più e meglio in funzione di una crescita personale e aziendale (molto importante per l’80%). Acquisire nuove competenze (reskilling) è una richiesta sentita da un Baby Boomer su tre, consapevoli dell’importanza di apprendere nuove competenze in ambiti lavorativi diversi da quelli ricoperti al momento per rispondere alle richieste di un mercato del lavoro che cambia. Flessibilità e smart working emergono come modalità lavorative cruciali per tutte le 4 generazioni e vengono richieste in percentuali simili sia dalle donne che dagli uomini. Implementare forme di lavoro sostenibile è un driver necessario al benessere perché consente di bilanciare lavoro e vita privata, un’esigenza che non appartiene solo ai giovani.

Le zone d’ombra: l’età come ostacolo in tutte le generazioni
Lo studio rileva una difficoltà nel gestire e valorizzare l’esperienza dei più senior e l’innovazione/competenze dei più junior e soprattutto di come farle interagire. In particolare i BB si sentono poco valorizzati ed esclusi dalla vita aziendale, nonostante persista la voglia di contribuire attivamente e di trasmettere il proprio know-how alle nuove generazioni. Pur mantenendo un certo grado di autorevolezza tra i colleghi in molti si percepiscono in un limbo di prepensionamento – uno spreco di capitale umano, particolarmente tra coloro che hanno ancora diversi anni da trascorrere in azienda. Analogamente, anche la Generazione Z sitrova in un’altra zona d’ombra della vita aziendale, a cavallo tra l’ingresso in azienda e la piena partecipazione e il riconoscimento nell’organizzazione. È la generazione che si sente meno ascoltata: quasi una persona su due (47,8%), in questo gruppo, percepisce la propria età come un ostacolo nel far valere le proprie opinioni con gli altri colleghi e responsabili. I Millennials sono potenzialmente nella loro golden age nell’attuale mercato del lavoro, anche se 1 su 3 vede l’età come un ostacolo per ottenere una promozione e 1 su 4 riscontra difficoltà dovute all’età nello sviluppo professionale e personale.

DEI generazionale: le aziende sono pronte?
I dati della survey mostrano un contesto aziendale ricettivo caratterizzato da una maggiore consapevolezza dei bisogni degli individui di diversa età e in cui è in atto un cambiamento per lavorare sul concetto di diversità, equità e inclusione implementando azioni o politiche a favore della DEI generazionale. È interessante infine notare come tra gli specialisti HR e DEI emerga una messa in discussione del termine “talento” come sinonimo di giovane età.  Le parole maggiormente per descrivere il talento in azienda (entusiasmo, curiosità, capacità di adattamento, brillantezza, buona volontà – tra le altre) sono infatti tratti senza limiti anagrafici. Le aziende sono quindi chiamate ad ampliare il target di partecipazione a iniziative di talent development a tutta la popolazione aziendale in modo da valorizzare tutte le generazioni e non solo i “giovani talenti”.

«Non può esserci davvero inclusione se le diversità continuano a essere viste in contrapposizione tra loro, come se il riconoscimento di un gruppo passasse attraverso l’esclusione di un altro – ha concluso la Scelza – occorre guardare sempre di più alla DEI come un ecosistema che necessita dell’impegno di diversi stakeholder e di cui la strategia sia sempre più ispirata dalla complessità delle esperienze individuali, dentro e fuori».