Lavoro

Segreto professionale, competitività e prevenzione. La figura del Giurista d’Impresa secondo Giuseppe Catalano (AIGI)

15
Novembre 2024
Di Francesco Tedeschi

Il giurista d’impresa, pur essendo a tutti gli effetti un avvocato, non gode delle stesse tutele. Quando diventa dipendente di un’azienda, infatti, è costretto a rinunciare all’iscrizione all’albo e perde il diritto al segreto professionale, riconosciuto invece ai liberi professionisti. Giuseppe Catalano, Presidente dell’AIGI (Associazione Italiana Giuristi di Impresa), considera questa situazione ormai anacronistica.

Quindi perché differenziare?

«Non dovrebbe esserci proprio questa differenziazione. Il nostro obiettivo è la parità di trattamento, evitando di creare avvocati di serie a e di serie b. Altrimenti si creano situazioni, come l’attuale, in cui un grave pregiudizio non permette all’avvocato d’impresa di svolgere il proprio ruolo in maniera garantita. Perdendo di conseguenza tutte le sue caratteristiche, in primis il diritto al segreto professionale; diventa un impiegato come gli altri. Si tratta, inoltre, di una differenza che è già stata superata in diversi paesi, come la Francia o la Spagna dove è totalmente parificato il ruolo degli avvocati d’azienda e quello degli avvocati. In Europa ormai sono pochi gli Stati insieme all’Italia che non riconoscono alcuna dignità professionale al giurista d’impresa».

Quindi che ruolo dovrebbe avere, secondo lei?

«Quando il giurista d’impresa informa l’amministratore delegato di un potenziale rischio, deve essere certo che il messaggio venga interpretato in un’ottica preventiva. In questa prospettiva, ogni amministratore delegato può e deve attuare tutte le azioni necessarie per prevenire il rischio, perché l’obiettivo del giurista d’impresa è evitare che si arrivi ad una fase di contenzioso. Questo è possibile solo con una profonda comprensione dell’impresa, dell’organizzazione e dei possibili momenti di crisi, in modo da prevenirli ed evitarli. È quindi essenziale che il giurista d’impresa sia in grado di segnalare all’amministratore delegato eventuali debolezze dell’organizzazione, e nel farlo deve sentirsi adeguatamente tutelato. Il segreto professionale non riguarda solo gli avvocati, ma anche i giornalisti, i periti e altre categorie per le quali sono previste simili garanzie. AIGI ritiene che sia giunto il momento di prevedere una garanzia anche per i legali d’impresa. Poi sul perimetro  di questa tutela si può ragionare: non tutti i legali di impresa infatti sono uguali. La questione centrale è che ci sono tra 15.000 e 20.000 persone che hanno studiato giurisprudenza e, in molti casi, hanno anche superato l’esame da avvocato. A causa del loro rapporto di lavoro dipendente, però, non possono iscriversi all’ordine e restano quindi esclusi da questa tutela».

Cosa cambierebbe quindi nella pratica se i giuristi d’impresa avessero il segreto professionale?

«Un sistema di tutela adeguato darebbe ai giuristi d’impresa la sicurezza di poter segnalare ogni tipo di rischio, inclusi fenomeni di resistenza interna all’azienda che potrebbero esporre la società a rischi, anche penali. Lo stesso vale per le pratiche anticoncorrenziali: se il giurista nota, ad esempio, una comunicazione eccessiva tra l’amministratore delegato e un ​suo pari grado concorrente, potrebbe intervenire​. In questa prospettiva, l’AGCM (Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato) ha evidenziato come la normativa italiana penalizzi i giuristi d’impresa nella segnalazione di simili comportamenti.​ In assenza di tutele reali per queste figure, le aziende sono poco incentivate ad aprire sedi in Italia, con ripercussioni sulla competitività del Paese. Infatti, trasferendosi all’estero, ​le aziende non si portano via solo i giuristi d’impresa, ma anche consulenti, notai e altre professionalità collegate. Riconoscere il ruolo del giurista d’impresa, con tutte le tutele professionali, incluso il segreto professionale, rappresenta dunque un elemento di ​competitività internazionale per l’Italia».

Essendo il segreto professionale prerogativa degli avvocati, come sta reagendo la categoria alle richieste di AIGI?

«Questa battaglia non va assolutamente a discapito delle garanzie degli avvocati del libero foro, anzi. Lo abbiamo ribadito anche al Consiglio Nazionale Forense con cui abbiamo avviato un dialogo. Un’azienda che si dota di un ufficio legale interno è infatti più consapevole delle problematiche giuridiche ed è più attrezzata nella collaborazione con gli avvocati esterni, molto più di quanto, ad esempio, possa fare un commercialista. È anche una questione di prospettiva: non intendo lanciarmi in teorie sull’intelligenza artificiale, ma da questo punto di vista, le imprese sono spesso avanti rispetto ai professionisti, i giuristi d’impresa quindi possono individuare nuovi fenomeni e condividerli con l’avvocatura. I campi d’azione di un legale interno e di uno esterno sono diversi ed è giusto così: la maggior parte dei giuristi d’impresa non andrebbe mai a difendere la propria azienda in tribunale. Essendo avvocati a tutti gli effetti, anche i giuristi d’impresa dovrebbero essere tenuti al rispetto della deontologia professionale. Lavorare per una struttura privata non compromette il loro impegno etico, proprio come il giuramento d’Ippocrate non viene meno per un medico che opera in ambito privato».