Innovazione

Se lo smartphone diventa una miniera di oro e argento

10
Gennaio 2022
Di Alessio Ambrosino

Vi abbiamo parlato su queste pagine della definitiva uscita di scena dei BlackBerry, i primi veri e propri smartphone: un progetto per recuperare materiali e metalli di elevato valore dai telefoni cellulari potrebbe in qualche modo farli “rivivere”. È l’obiettivo che si propone la ricerca PORTENT, co-finanziata dalla Regione Lazio e coordinata dal Laboratorio ENEA “Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la valorizzazione di Rifiuti e Materiali”. Il 2020 ha fatto registrare una significativa crescita della raccolta di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, oltrepassando a livello nazionale le 78mila tonnellate. Tra questi, sono i telefoni cellulari quelli di maggiore interesse per la forte presenza di materiali preziosi al loro interno.

I DATI

Una tonnellata di schede elettroniche da telefoni a fine vita contiene in media 276 grammi di oro, 345 d’argento e ben 132 chilogrammi di rame. Considerando poi anche gli altri componenti, l’elenco si allunga con le terre rare, come il neodimio o il praseodimio, che possono raggiungere i 2,7 chilogrammi per tonnellata di smartphone. Danilo Fontana, ricercatore ENEA e responsabile del progetto PORTENT, spiega come «grazie alle tecnologie attuali, è possibile riciclare oltre il 96% di questi dispositivi elettronici, recuperando quantità significative di metalli preziosi con gradi di purezza elevati. Questo permetterebbe di evitare il depauperamento delle risorse naturali e l’approvvigionamento di alcune di queste materie prime critiche presenti prevalentemente in Paesi politicamente instabili».

GLI OBIETTIVI

Questo processo per il recupero di materiali da smartphone a fine vita, è stato studiato principalmente in un’ottica di economia circolare. La volontà da cui nasce il progetto è quella di «sviluppare un processo innovativo per il recupero di materiali da telefoni cellulari dismessi per il completamento della filiera, che adesso si ferma al commercio verso l’estero degli stock dei materiali separati», ha sottolineato Fontana.

Una ricerca che non resterà fine a se stessa. I risultati saranno trasmessi al mondo imprenditoriale, che potrà farne tesoro per l’innovazione tecnologica dei processi industriali e per lo sviluppo di nuove figure professionali qualificate: «L’obiettivo, infatti, è quello di contribuire alla crescita dell’economia locale e nazionale e alla riduzione dell’impatto ambientale di questa tipologia di rifiuti che, grazie al recupero dei materiali in essi contenuti, diventeranno fonte di materie prime seconde per nuovi prodotti tecnologici», ha concluso Fontana.

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