Le vaste applicazioni dell’intelligenza artificiale sono argomento quotidiano di dibattito. Ma i più critici sembrano concentrarsi sui possibili smottamenti nell’ambito dell’occupazione. Mentre tanti risvolti psicologici sono ancora molto lontano dall’essere compresi pienamente. Figurarsi, poi, se si parla del rapporto tra IA ed elaborazione del lutto.
Un Dead Chat Bot
Le facoltà delle nuove tecnologie sono arrivate ad essere talmente articolate da far sembrare quasi possibile riabbracciare una persona cara che non c’è più. Qualche esempio? In California dal 2019 è attiva la HereAfter AI, azienda diretta e co-fondata da James Vlahos, capace di riutilizzare una grande mole di informazioni, testuali, visuali e vocali, per creare il profilo di un defunto capace di chattare. Al Chat Bot si possono fare domande, interagendo in modo complesso per creare un vero e proprio dialogo. Il profilo sarà in grado di rispondere rievocando i suoi ricordi e le sue gesta.
Di nuovo assieme
Ancora più penetrante l‘esperienza che offre Re;memory, il dispositivo ideato dalla sud coreana DeepBrain AI – attiva nel campo dei video generati con intelligenza artificiale – in grado di riprodurre il personaggio di qualcuno che ci ha lasciato. L’interlocutore può interagire con l’immagine, che ovviamente sa rapportarsi, guardandolo su uno schermo o proiettato su una parete. Ma l’applicazione di Re;memory che ha fatto scalpore è stata quella con cui, attraverso un visore, una madre ha potuto vivere una realtà virtuale assieme alla figlia, morta a 7 anni.
La donna sul momento ha mostrato molta emozione, non trattenendo il pianto, ma dopo l’esperimento ha dichiarato di essersi sentita felice e di essere stata come in un sogno, potendo reimmergersi in situazioni legate alla bambina.
Il clone apprende
Chi vuole avere il proprio clone Re;memory, deve sottoporsi a una video-registrazione della durata di 7 ore, in cui la macchina apprende la voce, il modo di gesticolare, di parlare, la mimica facciale e il carattere del soggetto. L’investimento però non è alla portata di tutti. Va dai 12.000 ai 24.000 dollari. Ogni videochiamata poi costa 1.200 dollari. Il clone è in grado di apprendere. Quindi all’aumentare delle sue conversazioni, sarà capace di stabilire uno scambio realistico con l’altro che nel frattempo continua a vivere. Non parlerà solo del suo passato, ma riuscirà a comunicare anche impressioni sul presente e il futuro. Il servizio non è ancora disponibile in Europa ma se otterrà successo il suo mercato può espandersi.
I dubbi degli psicologi
I detrattori dell’intelligenza artificiale applicata al lutto però sono perplessi. Se il defunto virtuale è in grado di apprendere, dunque la sua personalità evolve, siamo davvero sicuri che sarà simile alla persona che conoscevamo, o potrebbero esserci sviluppi poco confacenti? Gli studiosi non sono poi certi che emozioni del genere possano favorire l’elaborazione del lutto. Per quanto doloroso, l’incontro con la perdita è un passaggio che l’essere umano deve fare per forza, ciò lo aiuta a maturare, rafforzarsi e ad essere competente nel rielaborare gli accaduti. Chi non riesce a farlo patisce una sofferenza più lunga e acuta che può sfociare in depressione. Ecco perché l’utilizzo dell’IA nel lutto dovrebbe essere concesso solo a condizione una test accurato e a persone non particolarmente fragili. Chi invece è più strutturato, potrebbe addirittura trarre giovamento approcciandosi con fare disincantato e giocoso, esplorando le tante sfaccettature emotive di un rapporto così singolare e cogliendone le possibilità terapeutiche.
Inoltre, è interessante anche notare come il divario di possibilità economiche, che in occidente negli ultimi decenni è tornato ad allargarsi, determini una discrepanza non più solo nell’avere, ma anche nelle pratiche a cui si potrà accedere in futuro grazie all’intelligenza artificiale. Sarà compito di istituzioni e aziende colmare tale forbice, ma poi saranno gli individui stessi a determinare spontaneamente fin dove vogliono spingersi.