Innovazione

Russia, anche le Big Tech scendono in trincea

16
Marzo 2022
Di Daniele Bernardi

Si è detto spesso che questa guerra ricorda quelle novecentesche, effettivamente sotto molti aspetti è così: le trincee, le marce di mezzi blindati e carri armati lungo le strade infangate, i bombardamenti aerei preceduti dalle sirene che suggeriscono ai cittadini di rifugiarsi nei bunker. Eppure, abbiamo fin da subito notato un elemento di novità. In primis la comunicazione: non abbiamo mai avuto tante immagini e video dal fronte come nel conflitto russo-ucraino e questo grazie ai social network, ogni cittadino è dotato di uno smartphone connesso ad internet e una fotocamera in grado di riprendere costantemente tutto ciò che lo circonda. In secondo luogo, questa guerra avviene in un contesto globalizzato, tra due paesi cosiddetti ‘Occidentali’, con economie avanzate e fortemente interconnesse col resto del mondo. Sono proprio le multinazionali a ricoprire un ruolo chiave in questi giorni, in particolare quelle del mondo high-tech, che hanno deciso di scendere in campo e prendere posizione contro la Russia.

Il primo intervento è di tipo passivo. Le compagnie hanno sospeso le proprie attività sul territorio russo. Apple ha sospeso la vendita dei propri prodotti e disabilitato alcuni servizi come Apple Maps e Apple Pay, Samsung sospeso le spedizioni, così come PlayStation. Anche Netflix “date le circostanze sul terreno” ha deciso di “sospendere il servizio in Russia”, come fa sapere sui propri canali social, dopo che già da alcuni giorni era venuta meno all’obbligo di trasmettere in diretta in Russia venti canali locali. Uno degli interventi più importanti però, lo si anticipava qualche riga più su, proviene dalle multinazionali dei social network in Russia. Dopo il richiamo da parte del Vicepremier ucraino Mykhailo Fedorov e dei governi delle repubbliche baltiche, Facebook, Instagram, Twitter e YouTube hanno bloccato in Ue i canali di propaganda russa RT (ex Russia Today) e Sputnik, famosi soprattutto per fare disinformazione per conto del Cremlino. Ha fatto sapere Nick Clegg, Presidente global affairs per Meta: «Lavoriamo a stretto contatto con i governi e rispondiamo alle loro richieste per combattere la disinformazione e la propaganda dannosa».

Dopo l’approvazione da parte della Duma (il parlamento russo) del disegno di legge che prevede fino a 15 anni di detenzione per chi pubblica ‘informazioni false’ sull’esercito, anche TikTok, social dell’omonima azienda cinese, che fino ad allora non si era schierata anche per ragioni geopolitiche, ha deciso di sospendere le live e i nuovi contenuti in Russia, allo scopo di tutelare gli utenti dal provvedimento di Putin.

Ulteriori sospensioni dei servizi sono provenute da Spotify che ha chiuso i suoi uffici nella Federazione russa e rimosso le sponsorizzazioni provenienti da utenti russi, Google che ha a sua volta sospeso le sponsorizzazioni e Oracle, compagnia di software, che ha abbandonato il territorio.

In seguito a queste prime prese di posizione, molte delle sopracitate aziende hanno deciso di scendere in guerra e supportare in vario modo l’esercito e il popolo ucraino. Microsoft, ad esempio, sta intercettando i cyber-attacchi in Ucraina e ha reso pubbliche le informazioni sul malware FoxBlade, utilizzato dai russi per bucare le difese ucraine. Apple e Google hanno sospeso o limitato il proprio servizio di navigazione sul campo di battaglia al fine di preservare l’incolumità dei cittadini. L’azienda di Mountain View ha inoltre reso disponibile un servizio che avvertirà le persone in caso di raid aereo, inviando ai telefoni Android un alert per conto del governo. La tecnologia è quella già usata sempre da Google per avvertire di terremoti e alluvioni. Meta consentirà messaggi d’odio nei confronti di Putin, l’esercito russo e Lukashenko (presidente bielorusso, complice di Mosca nell’aggressione all’Ucraina) nei paesi dell’ex Unione Sovietica. Airbnb ha fatto sapere che offrirà gratuitamente mille alloggi ai rifugiati ucraini e la società Starlink di Elon Musk ha donato al governo di Zelensky router connessi ad internet attraverso la propria rete di oltre due mila satelliti in orbita.

C’è da dire che la Russia aveva previsto una risposta da parte dell’aziende, per lo più situate in paesi occidentali, storicamente ostili alle attività militari del Cremlino. Alcune fonti fanno sapere infatti che sarebbero già in atto strategie per rimpiazzare alcuni di quei servizi: Vkontakte, il social russo, è già più diffuso di Facebook nei territori di Mosca, per i messaggi si sta implementando l’utilizzo di Telegram, piattaforma dell’imprenditore Pavel Durov, perfino per i dispositivi cellulari, il governo consiglia l’acquisto degli AYYAT1, gli smartphone Made in Russia dell’azienda Smartecosystem. Non ci resta che aspettare e vedere quale sarà la prossima mossa.